convegni-ambiente
2019
- IAGA Scientific Assembly http://www.iaga-aiga.org/meetings/
- 27th IUGG General Assembly http://iugg2019montreal.com/
2018
- · AT-RASC, Second URSI Atlantic Radio Science Meeting http://www.ursi.org/homepage.php
- ·XVIIII IAGA Workshop https://cobs.zamg.ac.at/iaga2018/index.php
- ·Course of the International School of Space Science (ISSS) on “The polar upper Atmosphere: from science to operational issues” http://www.cifs-isss.org/futurecourses.asp
- ·AGU 2018 Fall Meeting http://fallmeeting.agu.org/2018/
- ·European General Assembly 2018 https://www.egu2018.eu/
- XXXV SCAR Biennal Meeting https://www.polar2018.org/
- 4,2 ka BP Event workshop http://4200bp-event.pi.ingv.it
GEOFISICA PER IL MONITORAGGIO AMBIENTALE


Le 163 piane costiere a rischio allagamento marino (in rosso), evidenziate nell’ambito del progetto europeo SAVEMEDCOATS.
L’impegno dell’INGV in questo campo è rivolto allo sviluppo di ricerche geofisiche che mirano alla caratterizzazione del territorio e del sottosuolo e al monitoraggio di fenomeni ambientali ed è indirizzato anche allo sviluppo di tecniche di indagine geofisica, di metodologie e procedure operative e interpretative per una migliore caratterizzazione del territorio. Queste attività sono finalizzate alla mitigazione dei rischi naturali e di origine antropica.
All’INGV vengono studiate, sperimentate e applicate le più moderne ed efficaci tecniche di prospezione geofisica volte a definire la struttura del sottosuolo, dai primi metri fino alle centinaia di metri di profondità. Alcuni ambiti di applicazione riguardano l’ambiente, l’archeologia e il territorio.
Le attività di ricerca e monitoraggio comprendono una fase osservativa nell’ambito della quale vengono effettuate misure sul territorio che prevedono l’utilizzo di strumenti diversi e tecniche diverse. Lo scopo della fase di misura è quella di rilevare strutture e di inquinanti sotterranei attraverso tecniche che spaziano dalla spettrometria gamma, al magnetismo, alla gravimetria e all’elettromagnetismo e possono essere condotte sia da terra che in volo. A questa segue poi una fase di elaborazione dei dati raccolti che ha come risultato una mappa su cui vengono riportati i risultati delle misure.
Le tecniche geofisiche sono non invasive e possono essere utilizzate, in genere, in maniera rapida ed economica su vaste aree di territorio, per ricavare informazioni importanti sulle caratteristiche e sull’assetto geologico del territorio senza dover necessariamente ricorrere ad uno scavo o una perforazione diretta del terreno.
In campo ambientale una delle attività svolte sono quelle che riguardano l’individuazione di rifiuti illecitamente occultati nel sottosuolo (come ad esempio fusti contenenti materiali tossici, discariche abusive), la caratterizzazione di aree di discarica e di varie forme di inquinamento sotterraneo. Nella stessa tematica rientrano gli studi finalizzati all’individuazione e alla caratterizzazione dell’inquinamento ambientale dovuto a gas naturali, acque e polveri sottili presenti in atmosfera.
Per l’archeologia l’attività riguarda la ricognizione del sottosuolo ai fini dell’individuazione di strutture antropiche sepolte come tombe, necropoli, murature, pavimenti, templi, cisterne, ecc… In quest’ambito, le varie tecniche geofisiche vengono impiegate congiuntamente per una migliore ricostruzione del sottosuolo anche tridimensionale. Le attività sono svolte nell’ambito di apposite convenzioni o collaborazioni scientifiche con le principali Soprintendenze del territorio nazionale.
Per quanto riguarda invece lo studio del territorio, uno degli obiettivi principali delle ricerche riguarda lo studio e la ricostruzione profonda di bacini geologici intramontani e in particolare: la definizione della profondità del substrato e dello spessore del riempimento sedimentario di aree ad elevato rischio sismico, la mappature delle faglie. Altre attività riguardano invece l’esplorazione geofisica del sottosuolo mirata alla caratterizzazione delle falde acquifere sotterranee, allo studio e l’individuazione di aree soggette a sprofondamenti improvvisi (sinkhole) e alla mappatura di cavità in aree urbana a potenziale rischio crollo.
Le attività di geofisica ambientale comprendono inoltre studi sull'aumento del livello marino e la formulazione di possibili scenari di allagamento lungo le coste del Mediterraneo a causa dei cambiamenti climatici. La ricostruzione digitale della topografia di aree instabili è finalizzata all'analisi della morfometria, all'individuazione e alla quantificazione delle variazioni topografiche e allo studio della cinematica. Grazie anche al lavoro svolto nell’ambito di progetti europei, si persegue l’obiettivo di aiutare le popolazioni che vivono anche a meno di 1 m sul livello del mare ad aumentare la consapevolezza del rischio costiero e di favorirne la prevenzione, fornendo scenari multi temporali sull’arretramento della costa fino al 2100.
L’INGV svolge inoltre dal 2006 attività di ricerca utilizzando dati satellitari per lo studio di disastri naturali utilizzando anche i dati del programma Europeo Copernicus. Un esempio è la gestione dell’emergenza incendi. Migliorare la rilevazione e la caratterizzazione del fronte di incendio con sistemi da remoto contribuisce sia al miglioramento della caratterizzazione del fenomeno che a mitigarne le conseguenze sull’ambiente, la società e l’economia.
GEOCHIMICA PER L'AMBIENTE E LA GEOLOGIA MEDICA
Misure di gas vulcanici (foto di S. Giammanco)
La geochimica ambientale studia la distribuzione e la mobilità degli elementi e dei composti di origine sia naturale che antropica che possono avere un impatto sull’ambiente. Essa si basa sulle evidenze scientifiche ottenute mediante la misura sul campo di parametri chimico-fisici, il prelievo diretto di campioni e specifiche analisi di laboratorio. Essa può avvalersi di reti di monitoraggio geochimico e tecnologie innovative per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente.
I ricercatori INGV sono coinvolti in questo ambito, in ricerche di tipo molto diverso. Schematicamente possono essere brevemente descritte come segue:
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Lo studio sull'origine del metano abiotico (metano che si produce indipendentemente dalla presenza di materia organica) nelle rocce ultrabasiche rappresenta un campo di ricerca relativamente recente.
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Studio delle acque termali e fredde dell'isola Sao Miguel (Azzorre, Portogallo).
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Studio delle acque costiere nella baia di Levante (Vulcano, isole Eolie), soggette alla contaminazione da parte di acque idrotermali.
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Impatto delle emissioni vulcaniche sull'ecosistema etneo
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Studio sull’origine del metano emesso nei fondali marini superficiali
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Life Respire - Radon rEal time monitoring System and Proactive Indoor Remediation, monitoraggio della quantità di radon presente negli edifici pubblici e nelle scuole in tre comuni nel Lazio e nelle Ardenne in Belgio, finalizzato alla sviluppo tecnologico per la bonifica degli ambienti interni.
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Studio dei vulcani di fango, in Italia, in Indonesia e in Azerbaijan, finalizzati alla quantificazione totale del gas emesso in atmosfera, alla determinazione della profondità di risalita dei fluidi, e alla definizione della pressione e della quantità di fluidi presenti nel processo di risalita dal reservoir principale verso la superficie.
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Studio della variazione composizionale e spaziale delle varie polle che caratterizzano l’attività di degassamento delle Salinelle di Paternò.
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Studio del metano nelle acque sotterranee
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Ruolo della tettonica nelle manifestazioni di idrocarburi (vulcani di fango, emissioni di metano e olio)
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Studio delle relazioni tra emissioni naturali di metano ed attività microbiologica
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Studio del degassamento geogenico in aree sismicamente attive della Grecia
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Studio delle relazioni tra chimismo delle emissioni idrotermali e l’attività microbiologica
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Origine e distribuzione di contaminanti geogenici negli acquiferi vulcanici del Lazio
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Misure del rapporto isotopico dello Sr di acque a scorrimento sotterraneo e superficiale e di precipitazioni atmosferiche, al fine di caratterizzare la circolazione idrica in aree vulcaniche.
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Contaminazione atmosferica da sorgenti naturali ed antropogeniche nell’Isola di Vulcano
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Studio dell’impatto delle emissioni vulcaniche sulle precipitazioni atmosferiche
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Monitoraggio della concentrazione e della composizione isotopica di gas serra in atmosfera
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Monitoraggio della concentrazione e composizione isotopica della CO2 atmosferica
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Dinamica e composizione delle precipitazioni in ambienti urbani e naturali della Sicilia
PALEOCLIMA
Variazione della temperatura negli ultimi 400.000 anni derivata dall’analisi della carota di ghiaccio antartico EPICA (arancione) e da una carota di sedimenti marini MD012443 (verde) campionata sul margine Iberico (modificato da Jouzel, J., et al. 2007 e Martrat et al. 2007).
Nannoplancton calcareo: Ubellosphaera tenuis e coccoliti di E. huxleyi, fotografati al microscopio elettronico a scansione (SEM), a 10000 ingrandimenti. Adriatico meridionale. Foto A. Cascella
Galleria delle Stalattiti, Complesso carsico del Monte Corchia (Levigliani, LU), Foto Ilaria IsolaPer paleoclima si intende il clima di periodi geologici e storici precedenti lo sviluppo degli strumenti di misura delle componenti climatiche e del tempo atmosferico. La paleoclimatologia è la disciplina scientifica che studia il clima della Terra e le sue variazioni nel corso della lunga storia del nostro pianeta. Il clima del passato viene ricostruito studiando numerosi archivi paleoclimatici che includono sedimenti, rocce, carote di ghiaccio, concrezioni di grotta (speleotemi) e anelli di crescita degli alberi. Questi contengono alcune caratteristiche chimio-fisiche e biologiche (indicatori climatici o proxy), che variano con il variare delle condizioni climatiche presenti al momento della loro formazione, registrandone e conservandone la testimonianza. Le ricerche paleoclimatiche coprono l’intera storia della Terra. Gli studi che riguardano gli ultimi secoli e millenni producono ricostruzioni ad alta risoluzione temporale delle variazioni delle temperature e delle precipitazioni, che costituiscono la base per quantificare e comprendere la variabilità naturale del clima. Gli studi sulle ultime decine di migliaia, milioni o centinaia di milioni di anni rivelano cambiamenti climatici legati alla posizione reciproca di Sole e Terra, a variazioni delle quantità di gas serra in atmosfera, che hanno controllato l’avvento e la fine delle ere glaciali, a cambiamenti della circolazione oceanica, infine, a processi geologici come il sollevamento delle montagne e la deriva dei continenti.
Le attività di ricerche paleoclimatiche dell’INGV coinvolgono il laboratorio di paleomagnetismo e magnetismo ambientale, di micropaleontologia e quello di microcampionamento per studi sugli speleotemi. Queste ricerche mirano a conoscere come il clima è cambiato nel passato per formulare scenari climatici attendibili per il futuro e valutare l’impatto che avranno i cambiamenti climatici futuri sull’ambiente e sulle attività umane. Le ricerche si basano sull’analisi integrata di indicatori climatici (fisici, chimici e biologici) in sequenze stratigrafiche marine e continentali del bacino del Mediterraneo, ed in aree polari. Consentono l’individuazione e datazione (relativa e radiometrica) degli eventi paleoclimatici (ciclici e/o estremi), la loro caratterizzazione in termini di variazioni di precipitazioni, di temperatura e della composizione chimica dell’aria e degli oceani.
Gli studi di micropaleontologia sono incentrati sullo studio del Nannoplancton calcareo e dei suoi resti fossili, i Nannofossili calcarei. L’attività di ricerca principale, condotta in collaborazione con altri enti italiani ed esteri, riguarda studi di micropaleontologia integrata (nannoplancton calcareo, foraminiferi, pollini) e paleomagnetismo di sedimenti marini di piattaforma continentale del Mediterraneo, per l’individuazione delle principali oscillazioni climatiche a breve termine, riconducibili a forzanti globali e/o locali attive nel corso del Quaternario. Inoltre vengono eseguiti studi sulla variabilità delle precipitazioni atmosferiche degli ultimi 2000 anni in Italia e Mediterraneo.
Gli studi degli speleotemi condotti in collaborazione con altri enti italiani e stranieri riguardano lo studio di numerosi depositi chimici ipogei (stalagmiti e flowstones) provenienti da diverse grotte del bacino mediterraneo (Alpi Marittime, Alpi Apuane, Madonie, Macedonia, Croazia). Questi studi hanno portato a risultati scientifici di grande interesse a conferma della valenza generale del dato paleoclimatico fornito dagli speleotemi che, grazie ad un’elevata sensibilità ai mutamenti climatici, sono uno strumento essenziale per un’analisi di dettaglio di record stratigrafici finalizzato alle ricostruzioni paleoclimatiche non solo a scala della area di campionamento ma a scala regionale e globale.
RICERCA IN AREE POLARI

La base italiana Mario Zucchelli in ANtartide (foto di C. Cesaroni, © PNRA)

La Thule Air Base americana situata sulla costa nord-occidentale dalla Groenlandia (foto di G. Muscari)
L’Artide e l’Antartide rappresentano in questi ultimi decenni due dei più grandi laboratori naturali esistenti sul nostro pianeta. Le ricerche e gli esperimenti che si conducono in questi ambienti estremi sono innumerevoli e vanno dalla politica, attraverso la “semplice” cooperazione tra nazioni, all’addestramento di equipaggi per le missioni spaziali. L’Italia è presente in Antartide dal 1985 con un Programma scientifico governativo, il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) finanziato dal Ministero per l’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR). L’INGV ha partecipato e partecipa, insieme ad altri istituti di ricerca e Università italiane, alle ricerche in aree polari sin dalle prime spedizioni.
Le tematiche seguite dall’INGV in ambito polare comprendono osservazioni ed analisi geofisiche su elementi molto diversi tra loro che coprono complessivamente tutte le parti del nostro pianeta: l’atmosfera, la calotta glaciale, la litosfera ed il comportamento dei campi fisici naturali, come ad esempio il campo magnetico e le osservazioni ionosferiche a tali latitudini. In Antartide, infatti, sono in funzione in due siti diversi, presso la base italiana costiera Mario Zucchelli e presso la stazione italo-francese Concordia sul plateau antartico, due osservatori geomagnetici e due osservatori di scintillazione ionosferiche. I dati di questi osservatori sono visualizzabili in tempo reale e scaricabili dei rispettivi portali dedicati. Le osservazioni delle scintillazioni ionosferiche sono condotte anche dalle isole Svarbald, in area polare artica.
La “Radioglaciologia” è una delle numerose attività di ricerca condotte in Antartide dall’INGV. Si occupa fondamentalmente dell'esplorazione del continente antartico, sepolto sotto le spesse coltri glaciali (spessore medio 2500 m, spessore max. 4800 m) ed ha permesso di ricostruire, grazie a due grandi progetti internazionali (BEDMAP e BEDMAP2), la morfologia di tutto il continente. Inoltre ha consentito di rivelare la presenza di acqua allo stato liquido all'interfaccia ghiaccio-roccia sia in forma di accumulo (subglacial lakes) che in forma laminare (wet contacts). Inoltre la radioglaciologia è di fondamentale importanza per la scelta dei siti di perforazione nei quali effettuare gli studi di tipo paleoclimatico e nello studio del bilancio di massa delle calotte glaciali che influisce sulla variazione del livello medio marino degli oceani. Lo studio dell'aria fossile contenuta nel ghiaccio della calotta antartica, recuperato attraverso la perforazione delle ormai famose "carote di ghiaccio", permette infatti precise ricostruzioni delle sequenze climatiche degli ultimi 840 mila anni e di mettere in relazione le variazioni di temperatura con la presenza dei gas ad effetto serra come CO2 e CH4 (progetto "European Project for Ice Coring in Antarctica - EPICA"). Oltre al progetto EPICA l’INGV ha contribuito, grazie alle misure di radioglaciologia, condotte dal 1995 ad oggi con uno strumento progettato, sviluppato ed aggiornato all’interno dei suoi laboratori, al successo di altri programmi di perforazione della calotta come TALDICE ( TALos Dome Ice CorE) e come il progetto BE-OI ( Beyond Epica Oldest Ice) attualmente in corso.
In Artide, l’INGV svolge dal 2003 attività di ricerca (attraverso appositi bandi promulgati sempre dal PNRA) presso la stazione di Ny-Ålesund, alle isole Svalbard (Norvegia), e dal 2009 anche presso la base americana di Thule, in Groenlandia.
In particolare il Thule High Artic Atmospheric Observatory (THAAO) è costituito da numerosi strumenti dedicati all'osservazione dell'atmosfera polare, dalla troposfera fino alla mesosfera, volti principalmente allo studio dei cambiamenti climatici e della distruzione dell'ozono stratosferico. L'osservatorio è gestito da una collaborazione fra Università “La Sapienza”, l'ENEA, l'INGV, il PNRA e gli istituti americani NCAR, NSF e Università dell'Alaska. L'attività svolta dal personale INGV è prevalentemente incentrata sulla misura di profili di concentrazione di composti chimici nella media atmosfera (ad esempio H2O e O3) e del contenuto colonnare di vapor acqueo. Tali osservazioni vengono svolte mediante spettrometri operanti nelle microonde progettati e sviluppati presso l'INGV.
