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Una ricerca nell’ambito dello studio delle interazioni tra acquifero del Gran Sasso e i fenomeni sismici, condotta dall’INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia in collaborazione con i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e con il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale (DICEAA) dell’Università degli Studi dell’Aquila, ha rilevato variazioni di alcuni parametri fisici delle acque sotterranee del massiccio del Gran Sasso, in concomitanza con l’evento sismico che ha colpito Amatrice nell’agosto del 2016.

Lo studio dal titolo “A record of changes in the Gran Sasso groundwater before, during and after the 2016 Amatrice earthquake, central Italy” di Gaetano De Luca, Giuseppe Di Carlo e Marco Tallini, recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports di Nature (LINK), si basa su misure in continuo ad alto campionamento (20 misure al secondo) della pressione idraulica, della temperatura e della conducibilità elettrica delle acque, misure realizzate, a partire da maggio 2015, su un sondaggio orizzontale, chiamato S13, realizzato alla fine degli anni ’80 durante i lavori di scavo, e collocato in prossimità del tunnel autostradale e dei Laboratori INFN del Gran Sasso.

La presenza del sondaggio orizzontale S13 ha offerto l'opportunità unica di indagare la parte più profonda dell'acquifero calcareo del Gran Sasso, situato nella zona sismicamente attiva dell’Appennino centrale. Questa area dell’Appennino centrale è peraltro monitorata da una rete sismica regionale piuttosto densa insieme alla rete sismica nazionale dell’INGV.

I dati acquisiti, a partire da maggio 2015, hanno mostrato segnali chiari e interessanti nella pressione idraulica e nella conduttività elettrica delle falde acquifere del Gran Sasso prima, durante e dopo il terremoto che si è verificato il 24 agosto 2016 (01:36:32 UT) con epicentro a circa 39 km dal sito di studio. Nell’ambito delle misure eseguite, i ricercatori hanno, dunque, focalizzato l’analisi sui dati relativi a questi segnali, che presentavano delle anomalie nella pressione idraulica a partire dal 19 agosto 2016, cioè cinque giorni prima dell’evento, fluttuazioni ampie e asimmetriche: micropulsazioni negative, che non erano state rilevate nei dati precedenti e che sono proseguite fino alla fine del mese di agosto 2016.

“Sono stati osservati degli evidenti cambiamenti idrogeochimici e idrogeologici, prima e durante la sequenza sismica di Amatrice, comprendente, ad oggi, oltre 95.000 eventi”, spiega Gaetano De Luca, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. “L’interpretazione di queste micro pulsazioni – prosegue De Luca – è da ricercare con molta probabilità nell’arrivo di grandi quantità di gas, presumibilmente anidride carbonica, sotto forma di bolle”. Le anomalie rilevate potrebbero essere classificate sia come precursori sismici a breve termine, nel caso delle anomalie della pressione idraulica rilevate 5 giorni prima del terremoto di Amatrice, sia come precursori sismici a lungo termine, nel caso delle anomalie nei segnali di pressione idraulica e di conducibilità elettrica, registrate circa 40-60 giorni prima dell’evento: un'attenta analisi ha, infatti, permesso di rilevare l'inizio di un debole cambiamento della pressione fino a 40 giorni prima del terremoto di Amatrice, e una variazione significativa nei dati di conduttività elettrica circa 60 giorni prima.

“Questi dati rappresentano le prime osservazioni, in concomitanza con eventi sismici, di segnali nella pressione idraulica, misurati con monitoraggio continuo ad alta frequenza di campionamento di un sondaggio posizionato all'interno della falda del Gran Sasso”, spiega Giuseppe Di Carlo, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. “È possibile – prosegue Di Carlo – che le variazioni delle acque sotterranee rispondano ai processi di deformazione crostale profondi che avvengono molto prima che si verifichino terremoti significativi”. Diversi meccanismi sono stati proposti per spiegare tali variazioni durante il ciclo sismico, inclusa la “teoria della dilatanza” che presuppone che, durante la fase pre-sismica, cioè prima della rottura, l’aumento del volume della roccia sia favorito dalla micro-fratturazione interna nel punto di origine del terremoto. La micro-fratturazione induce anche l’aumento della permeabilità delle rocce, favorendo variazioni delle acque sotterranee e il movimento dei geogas.

“Il monitoraggio delle acque sotterranee nel sondaggio S13 ha rivelato l'esistenza di un comportamento acquifero altamente dinamico”, spiega Marco Tallini dell’Università dell’Aquila. “I dati raccolti durante questi ventuno mesi si sono rivelati uno strumento abbastanza utile per caratterizzare lo scenario nel monitoraggio delle acque sotterranee e identificare più chiaramente le anomalie osservate e il loro possibile collegamento con fenomeni legati alla tettonica attiva e all’idrogeologia”, conclude Tallini.
“Interpretiamo la presenza di micropulsazioni negative nei dati della pressione idraulica – spiega De Luca – come risultato di un possibile movimento dal profondo dei geogas, principalmente CO2, coerentemente con studi recenti che suggeriscono un legame tra meccanica di faglia, sismicità, dinamica dei fluidi sotterranei e risalita dal mantello di CO2 ”.

Ora, ulteriori approfondimenti sulla relazione tra terremoti e cambiamenti nei parametri delle acque sotterranee in prossimità di grandi faglie sismogenetiche sono necessari per una piena comprensione dei processi pre-sismici, co-sismici e post-sismici.