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penninoLa macrosismologia è la disciplina che analizza gli effetti visibili causati da un terremoto su persone, oggetti e costruzioni, per assegnare un’intensità macrosismica ad ogni singola località colpita, proprio come si faceva più di un secolo fa agli albori della sismologia. Perchè ad oggi è ancora così importante? Quale relazione c’è tra questa disciplina e i terremoti storici? Per rispondere a queste e altre domande abbiamo intervistato Filippo Bernardini, geologo presso la sede di Bologna dell’INGV ed esperto di macrosismologia e sismologia storica.

Filippo, cosa è la macrosismologia?

La macrosismologia è una branca della sismologia che studia gli effetti visibili, sia transitori sia permanenti, causati dai terremoti sul contesto antropico e ambientale al fine di classificarli in gradi di intensità. In parole semplici si tratta di trasformare uno scenario osservato, cioè i danni prodotti da un evento sismico, in un valore, che chiamiamo intensità. Bisogna tener presente che un terremoto può avere intensità differenti a seconda degli effetti locali prodotti, poiché questi variano secondo parametri quali la distanza dall'epicentro, la resistenza sismica delle strutture e le condizioni del suolo. 

 Come e dove nascono le prime scale macrosismiche?

Le prime scale macrosismiche nascono principalmente in Italia, dove si è verificato un lungo processo evolutivo nel campo dell’osservazione degli effetti dei terremoti, durato alcuni secoli. Rispetto alla disciplina sismologica il nostro Paese infatti è stato una sorta di laboratorio naturale: prima del Novecento non esistevano strumenti in grado di registrare lo spostamento e lo scuotimento del terreno, perciò l’unico modo per indagare il fenomeno sismico era quello di osservare gli effetti macroscopici su persone, manufatti e ambiente naturale.

Quando si iniziarono a studiare i terremoti?

In passato, in epoca romana e medievale, i terremoti venivano considerati dei prodigi che sfuggivano alla comprensione umana, visti come dei fenomeni eccezionali o di matrice divina. Soltanto nel XVI secolo al fenomeno iniziò lentamente ad essere riconosciuta la dimensione di evento naturale e quindi poteva essere studiato in quanto tale. Un paio di secoli dopo, nel Settecento, l’Italia e l’Europa vennero colpite da una serie di grandi disastri sismici, su tutti il grande terremoto di Lisbona del 1755, che modificò addirittura il pensiero occidentale. Questo stimolò la curiosità e dette una grande spinta agli studi dei fenomeni causati da eventi sismici sul terreno e sulle persone.Come abbiamo detto un terremoto può interessare un territorio vasto con effetti che variano nello spazio. Per questa ragione è un fenomeno che va studiato in larga scala e un solo osservatore non può certo essere sufficiente. Nacque così nel Settecento una vera e propria rete di osservatori, per lo più amatoriali, che si recavano nei luoghi terremotati per studiare e riportare gli effetti delle scosse mettendo insieme le prime, preziose, raccolte di informazioni. Il primo semplice tentativo di classificazione della forza di un terremoto fu fatto nel 1783 da Domenico Pignataro, medico calabrese, a seguito della devastante sequenza sismica che colpì la Calabria in quell’anno.

Qual è la caratteristica delle scale sismiche del passato?

Un aspetto da sottolineare riguardo alle scale sismiche del passato è che ce ne erano tantissime! Nel 1933 lo studioso inglese Charles Davison ne fece un primo inventario contandone ben trentanove, quasi tutte europee. La cifra non deve però sorprendere perché molte scale venivano messe a punto e tarate per misurare uno specifico terremoto: in genere la massima intensità prevista era riferita agli effetti più gravi della scossa principale di quella sequenza particolare. Questo aspetto non rendeva possibile l’applicazione della stessa scala ad altri eventi sismici, ecco spiegato il proliferare di scale personali e arbitrarie che caratterizza soprattutto la prima metà dell’Ottocento.

Quale fu la prima scala accettata e riconosciuta dalla comunità sismologica?pennino1

La prima scala ufficialmente riconosciuta e utilizzata dalla comunità sismologica è la De Rossi del 1874. Composta da dieci gradi rappresenta il primo tentativo di studiare i terremoti indipendentemente dal singolo evento e quindi dalle caratteristiche del territorio colpito. A metterla a punto fu Michele Stefano De Rossi, un romano che dedicò la propria vita allo studio dei terremoti e che è tutt’oggi considerato il fondatore della sismologia italiana, intesa sia come disciplina scientifica sia come servizio di sorveglianza e di monitoraggio. In quell’epoca infatti si può dire che nasce una sorta di “etica professionale” del sismologo che si sente chiamato anche a tentare di ridurre l'impatto dei terremoti sul territorio. A tal proposito De Rossi mise in piedi un servizio di corrispondenti sparsi sul territorio al fine di raccogliere le informazioni in modo capillare e costruì una scala sismica di dieci gradi. Questa scala fu successivamente integrata dallo svizzero François-Alphonse Forel e divenne nota come scala De Rossi-Forel, pubblicata nel 1883. In questa versione venne usata per circa due decenni fino all'introduzione della scala d'intensità messa a punto da Giuseppe Mercalli.

Chi era Giuseppe Mercalli e che tipo di scala mise a punto?

Giuseppe Mercalli è stato un geologo, sismologo, vulcanologo e sacerdote cattolico milanese, ideatore della famosa scala che misura l'intensità macrosismica di un terremoto attraverso l'osservazione dei danni e delle modificazioni ambientali prodotte dall’evento. La prima versione della scala Mercalli risale al 1883 per studiare il terremoto che nel luglio di quell’anno colpì Casamicciola, nell’isola di Ischia, già all’epoca rinomata stazione termale e balneare e in quel periodo affollatissima. L’evento, che causò oltre duemila vittime, ebbe un grande impatto sull'opinione pubblica. Giuseppe Mercalli sviluppò una scala a sei gradi che venne successivamente portata a dieci con il contributo di un altro importante studioso italiano, Torquato Taramelli. I due inserirono una serie di parametri ancora oggi molto importanti e utilizzati nelle scale macrosismiche odierne, come lo stato in cui si trova l’osservatore - se in quiete, seduto o in movimento - in quanto questo aspetto cambia la percezione dell’evento. Il sesto grado diventa la soglia del danno, e lo è ancora oggi, per cui dal primo al quinto grado si è in presenza di soli effetti transitori, come lo scuotimento di mobili e suppellettili.. Nel 1902 la Scala Mercalli venne espansa a dodici gradi dal fisico italiano Adolfo Cancani e fu in seguito riscritta dal geofisico tedesco August Heinrich Sieberg, diventando nota come scala Mercalli-Cancani-Sieberg nel 1930, abbreviata con MCS, ma conosciuta dal grande pubblico ancora oggi come “Scala Mercalli”.

Perché le indagini macrosismiche sui forti terremoti sono ad oggi fondamentali?

Le indagini macrosismiche sono molto importanti perché hanno una duplice funzione. In emergenza permettono di individuare, già immediatamente dopo una forte scossa, l’area maggiormente danneggiata per fornire alla Protezione Civile indicazioni utili alla gestione della crisi. Questo tipo di rilievo viene condotto ispezionando le località colpite al fine di valutare il danneggiamento, che viene quantificato assegnando un valore di intensità macrosismica a ogni località proprio sulla base della scala Mercalli-Cancani-Sieberg. In secondo luogo ci sono i rilievi di dettaglio dell’area più colpita, che hanno finalità prettamente scientifiche. Questo tipo di indagine viene svolta sulla base di una scala europea messa a punto nel 1992 e poi perfezionata nel 1998 da Grünthal, la European Macroseismic Scale EMS98, che tiene conto di una casistica dettagliata di tipologie costruttive e di livelli di danno al fine di rendere il più oggettiva possibile la valutazione dell’intensità. Il rilievo svolto usando la EMS è condotto considerando la classe di vulnerabilità e il livello di danno di ciascun edificio e, per ogni località, la diffusione statistica dei diversi livelli di danno in relazione alla vulnerabilità sismica delle diverse tipologie edilizie coinvolte.

Quale relazione intercorre tra macrosismologia e i terremoti del passato?

C’è una relazione molto stretta perché la Sismologia Storica, che studia i terremoti del passato, si avvale proprio della macrosismologia per studiare e classificare gli effetti sismici descritti nelle fonti storiche. La sismologia storica, in altre parole, recupera le informazioni sugli effetti macrosismici di un dato terremoto riportate dalle fonti storiche, e sulla base di queste ricostruisce lo scenario e la distribuzione di tali effetti sul territorio, assegnando ad ogni località citata nelle fonti per quel particolare terremoto un valore di intensità. Attraverso l’utilizzo di appositi algoritmi questi dati di intensità possono poi essere convertiti in stime della localizzazione epicentrale e della magnitudo del terremoto del tutto equivalenti ai parametri strumentali moderni, cosicché per ogni terremoto storico si ottengono delle informazioni che vanno ad arricchire il catalogo parametrico dei terremoti italiani e il relativo database macrosismico. Infine, il confronto tra la sismicità attuale e quella storica contribuisce a delineare le caratteristiche sismiche del territorio e rappresenta una parte molto importante degli studi finalizzati alle moderne stime di pericolosità sismica.

QUEST, QUick Earthquake Survey Team, è uno dei gruppi operativi dell’INGV che intervengono in caso di emergenza sismica, di cui fai parte. Cosa fate esattamente?

Si tratta di un gruppo di esperti di rilievo macrosismico che ha il compito di fornire, in modo rapido e univoco, il quadro degli effetti nell’area colpita da un terremoto significativo sul territorio italiano, a supporto sia degli interventi di Protezione Civile che della Comunità Scientifica. Il team si attiva quando l’Italia è colpita da un sisma potenzialmente sopra la soglia del danno, in genere con magnitudo uguale o superiore a 5.0, o anche inferiore quando vi siano notizie di danni apprezzabili o la scossa sia in zone vulcaniche. Mentre un gruppo diviso in squadre opera sul campo, altri colleghi sono presenti in sede e seguono da remoto le squadre in campagna, supportandone le attività e analizzando le informazioni e i dati raccolti. Si tratta di un’attività molto delicata anche dal punto di vista umano, perché questo lavoro ci porta nel cuore dei luoghi dell’emergenza dove incontriamo persone che stanno vivendo momenti molto difficili e drammatici. Noi dobbiamo fare il nostro lavoro, su questo non ci sono dubbi, ma siamo pur sempre esseri umani e in quei contesti così duramente provati spesso finiamo per trovarci emotivamente coinvolti e partecipi della sofferenza delle popolazioni colpite.

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