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Un team INGV rileva su Marte un’attività recente del ghiaccio superficiale, un dato prezioso per comprendere le sue dinamiche e orientare le prossime missioni di ricerca e monitoraggio

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) consolida il suo impegno nello studio dei corpi del Sistema Solare con una nuova ricerca che mette in luce la presenza di ghiaccio sulla superficie di Marte a medie latitudini. Lo studio, appena pubblicato sulla rivista Remote Sensing (https://doi.org/10.3390/rs17173072), è stato condotto da un team guidato dall’INGV in collaborazione con il DICeM-Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Università d’Annunzio, INAF e The University of Mississippi.

Le osservazioni si concentrano nell’area di Ismenius Lacus, dove sono stati individuati caratteri morfologici compatibili con lingue glaciali superficiali analoghe a quelle dei ghiacciai terrestri. A differenza dei ghiacciai sulla Terra, il ghiaccio marziano non deriva da precipitazioni nevose ma sembra provenire dalla parziale fusione del permafrost presente nel sottosuolo.

L’uso combinato di immagini ad altissima risoluzione e di uno stereoscopio digitale ci ha permesso di osservare direttamente in 3D caratteristiche compatibili con fenomeni di scivolamento di ghiaccio superficiale che fino a oggi erano solo ipotizzati” – spiega Marco Moro, ricercatore INGV.

L’approccio geomorfologico ha evidenziato strutture riconducibili ad un flusso plastico del ghiaccio, tra cui corpi geometrici dalle forme spigolose (SEP) (Figura 1), strutture a spina di pesce (Figura 2), fratture caratteristiche (Figura 3) e canali con “falsi meandri”, coerenti con lo scivolamento recente di ghiaccio superficiale e non con processi fluviali fossilizzati come si riteneva fino ad oggi. I dati climatici satellitari confermano la stabilità della fase solida dell’acqua nell’area per l’intero anno e una parziale fusione estiva, a sostegno delle osservazioni dirette.

Questi risultati ci permettono di comprendere meglio la distribuzione e le dinamiche del ghiaccio su Marte, fornendo nuovi strumenti per le future missioni scientifiche e il monitoraggio planetario” – aggiunge Adriano Nardi, ricercatore INGV.

Lo studio evidenzia come l’INGV contribuisca con competenze avanzate alla ricerca planetaria, integrando osservazioni da orbiter e rover con analisi geomorfologiche e modelli tridimensionali, aprendo nuove prospettive sulla presenza e il comportamento dell’acqua nello spazio.

Gli autori della ricerca e tutto l’INGV si stringono alla famiglia di Riccardo Pozzobon ricercatore recentemente scomparso in Alaska durante una missione scientifica.

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Figura 1 - Poliedri a spigoli vivi (SEP): corpi geometrici dalle forme spigolose (Credit: NASA-MRO-HiRISE)

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Figura 2 - Strutture a “chevron” (o strutture a spina di pesce) formate dal movimento dei SEP nella direzione indicata dalla freccia (Credit: NASA-MRO-HiRISE)

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Figura 3 - Riproduzione tridimensionale in falsi colori della lingua glaciale che scorrendo a valle all’interno del canale produce le fratture caratteristiche (fratture en-echelon) indicate dalle frecce rosse (Credit: elaborato da immagini NASA-MRO-HiRISE)