Un tunnel parallelo a una faglia naturale è stato appena costruito nel laboratorio sotterraneo BedrettoLab dell'ETH di Zurigo, nelle Alpi Svizzere, con l’obiettivo di studiare come si origina, si propaga e si arresta un terremoto. Questa nuova “finestra” per studiare da vicino i terremoti permetterà lo sviluppo di un’infrastruttura unica al mondo, con l’installazione di sistemi di osservazione all’avanguardia
Il Politecnico Federale di Zurigo (ETH) ha costruito una nuova galleria lunga 120 metri presso il suo BedrettoLab, un laboratorio di ricerca sotterraneo ubicato nel Canton Ticino (Svizzera). Il nuovo tunnel si sviluppa parallelamente a una zona di faglia naturale accuratamente selezionata per condurre gli esperimenti previsti dal progetto FEAR (Fault Activation and Earthquake Rupture), finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC, nell’ambito dei progetti Synergy) con 14 milioni di euro e finalizzato a dare una risposta a due dei quesiti più importanti e ancora irrisolti della sismologia: cosa accade poco prima dell’inizio di un terremoto? E cosa ne provoca l’arresto?
Grazie alla vicinanza del tunnel alla faglia selezionata, i ricercatori potranno studiare in dettaglio come un terremoto si forma in un determinato punto di una faglia e come si propaga lungo di essa fino a esaurire la propria energia. Usando dei sistemi di osservazione innovativi e installando diversi tipi di sensori, il gruppo di ricerca del progetto FEAR, che comprende oltre all’ETH anche l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma (INGV) e l’Università di Aachen (Germania), sta studiando in che modo si muovono le faglie per comprendere meglio i terremoti e i processi di generazione delle onde sismiche responsabili dello scuotimento del terreno durante un evento sismico, con l’auspicio di ampliare i limiti della prevedibilità dei terremoti.
A tale scopo, il gruppo di ricerca internazionale creato dal progetto FEAR ha sviluppato numerose collaborazioni anche con altre Università in Svizzera, Italia, Germania, Francia e USA.
Un osservatorio in corrispondenza di una faglia unico nel suo genere
Il team di FEAR ha scavato numerosi pozzi per raggiungere la faglia, installare sistemi di osservazione e studiare i terremoti alla sorgente. Gran parte di essi permette di monitorare i processi all’interno del volume di roccia circostante la faglia; altri servono a iniettare acqua utilizzata per innescare piccoli terremoti. Dotati di una vasta gamma di sensori, questi pozzi formano una rete di monitoraggio all’avanguardia e unica al mondo collocata direttamente sulla faglia selezionata.
I sensori lì presenti hanno una sensibilità adeguata a rilevare piccoli movimenti generati da eventi sismici di magnitudo -5 (un valore negativo della magnitudo Richter) e misureranno parametri fondamentali come la pressione dei fluidi nelle fratture e le variazioni delle deformazioni.
Durante gli esperimenti di simulazione su larga scala che sta approntando il team di FEAR, nella zona della faglia saranno iniettate centinaia di metri cubi di acqua ad alta pressione: l'aumento della pressione del fluido che ne deriva riduce la resistenza (l’attrito) sui piani di faglia, indebolendoli e agevolandone lo slittamento. Questa riduzione dell’attrito può innescare un movimento di faglia e, quindi, un terremoto.
«L’osservatorio sulla faglia è il tassello mancante del puzzle dello studio dei terremoti», dichiara il Prof. Domenico Giardini, uno dei quattro coordinatori del progetto FEAR. «Disponiamo di eccellenti reti di monitoraggio in tutto il mondo. Tuttavia, gran parte di loro è collocata sulla superficie, e quindi a molti chilometri di distanza dal punto di origine dei terremoti. Inoltre, anche i pochi sensori nei pozzi si trovano normalmente solo in prossimità delle zone di faglia, non al loro interno».
Innescare un terremoto di magnitudo 1
Nei prossimi esperimenti il gruppo di ricerca di FEAR ha intenzione di generare un sisma di magnitudo 1: un valore ben inferiore alla soglia di percezione umana (che si colloca intorno a una magnitudo 2.5 in superficie), ma pur sempre in grado di produrre forti movimenti del suolo a pochi metri dalla faglia.
I ricercatori possono sfruttare l’approfondita esperienza accumulata negli ultimi quattro anni grazie ai numerosi esperimenti di iniezione svolti nel BedrettoLab con livelli crescenti di pressione, nei quali finora hanno indotto sismi fino a una magnitudo di -0.5.
La fitta rete di sensori collocati sulla zona di faglia e nell’area circostante aiuterà i ricercatori a capire cosa accade prima, durante e dopo un evento di questo genere e, inoltre, consentirà loro di cercare anche dei segnali precursori, che potrebbero essere impossibili da rilevare con sistemi di monitoraggio meno sensibili e che, un domani, potrebbero aiutare a prevedere i terremoti più forti.
Link utili:
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)