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 Con uno studio multidisciplinare, gli scienziati hanno individuato nel degassamento dell’elio un valido strumento per la comprensione dei processi legati alla genesi dei terremoti.  

I fluidi che attraversano la crosta terrestre sono coinvolti nei processi che generano i terremoti e dalla loro analisi è possibile trarre informazioni sulle dinamiche all’interno del nostro pianeta. Grazie alle sue caratteristiche, l'elio (il gas nobile più leggero) è un utile tracciante per studiare i processi che avvengono nella crosta, compresi quelli che precedono i terremoti.
Questi i risultati dello studio “Earthquakes control the impulsive nature of crustal helium degassing to the atmosphere” recentemente pubblicato su ‘Communications Earth & Environment’ di Nature.
I ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell’Università degli Studi di Napoli Federico II (UniNA), dell’Università degli Studi della Basilicata (UniBAS) e dell’Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale del CNR (IMAA-CNR) hanno calcolato i volumi delle rocce coinvolte nella sismicità recente dell’Irpinia, in Italia, analizzando il catalogo sismico degli ultimi 12 anni. Questa analisi ha permesso di calcolare i flussi di elio radiogenico (4He) prodotto nelle zone di faglia che i ricercatori hanno poi confrontato con i flussi di elio attraverso l’intera crosta.
In particolare, l’elio è presente nei fluidi naturali con due isotopi: l’elio primordiale (3He), la cui origine nel nostro pianeta è principalmente riconducibile all’origine del pianeta stesso; e poi l’elio radiogenico, il quale è continuamente prodotto dal decadimento di elementi quali l’uranio (U) e il torio (Th) contenuti nelle rocce terrestri.
Nelle aree continentali del nostro pianeta dove la tettonica delle placche è attiva, l’analisi complessiva dell’elio si è rivelato un potente strumento per ricostruire i processi che vedono coinvolti i fluidi nel loro trasferimento o stazionamento nella crosta terrestre.
I ricercatori hanno così scoperto che i terremoti di bassa magnitudo (ovvero magnitudo minori di 4) fanno registrare variazioni del flusso di elio crostale nell'atmosfera confermando l’aumento del degassamento terrestre nelle regioni continentali tettonicamente attive. Gli scienziati hanno, pertanto, concluso che esiste una relazione quantitativa tra i flussi di elio crostale e il volume nelle zone di faglia. Ciò fa ipotizzare che le variazioni nel flusso di elio possono rappresentare un indicatore dei cambiamenti nello stress delle faglie correlandolo così ai terremoti
“La nostra idea è stata quella di osservare i processi che generano i terremoti utilizzando un approccio multidisciplinare, geofisico e geochimico. In questo modo si avrà la possibilità di capire i volumi di roccia coinvolti nei processi di rottura della crosta, utilizzando i cataloghi dei terremoti e, di conseguenza, dimostrare che la genesi di un terremoto può modificare il degassamento dell’elio in atmosfera. Avremo così anche nuovi elementi per lo studio dell’evoluzione dell’atmosfera terrestre”, afferma Antonio Caracausi, ricercatore dell’INGV e coordinatore dello studio.
La ricerca è stata condotta in Irpinia in corrispondenza dell’area del terremoto del 1980 che fece registrare una magnitudo pari a 6.9. Utilizzando i dati del catalogo sismico degli ultimi 12 anni e le informazioni riguardanti i parametri di sorgente di migliaia di piccoli terremoti di magnitudo minore di 4 avvenuti nella stessa area, è stato possibile calcolare il degassamento di elio radiogenico rilasciato in atmosfera.
I ricercatori, pertanto, sono riusciti a stimare che in atmosfera vengono rilasciate grandi quantità di elio in coincidenza con l’attività sismica di bassa magnitudo (M<4). Le precedenti evidenze scientifiche, invece, erano relative solo a terremoti di elevata magnitudo, come quello di Kobe nel 1995 e di Kumamoto nel 2016 entrambi in Giappone di magnitudo non minore di 6.
“Abbiamo utilizzato i dati raccolti dalla rete sismica in Irpinia (ISNet) perchè rappresenta un laboratorio naturale per lo studio dell’evoluzione e dei processi di rottura delle faglie in un settore appenninico caratterizzato in passato da forti terremoti e dall’emissione di gas di origine profonda, principalmente anidride carbonica”, prosegue Antonio Caracausi.
"L’importante conseguenza di questo studio è che il monitoraggio ad alta frequenza dell'Elio è fondamentale per esaminare e calibrare modelli regionali in grado di descrivere la relazione tra degassamento dell'elio stesso e i processi sismogenetici responsabili dei grandi terremoti. Il nostro studio sottolinea quindi la necessità di implementare nuove soluzioni per la misura sul campo dei flussi di elio che consentano di acquisire i dati con una frequenza giornaliera. La realizzazione di sistemi innovativi di monitoraggio dell’elio, applicati in contesti diversi, potrebbero aiutare anche a ricostruire l'evoluzione temporale di processi naturali come le eruzioni vulcaniche e i terremoti”, conclude il ricercatore.
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EARTHQUAKES | Helium monitoring as an indicator of earthquakes

With a multidisciplinary study, scientists have identified helium degassing as a valid tool for understanding the processes related to the genesis of earthquakes.
The fluids that cross the earth's crust are involved in the processes that generate earthquakes and from their analysis it is possible to obtain information on the dynamics within our planet. Thanks to its characteristics, helium (the lightest noble gas) is a useful tracer for studying the processes that occur in the crust, including those preceding earthquakes.
These are the results of the study "Earthquakes control the impulsive nature of crustal helium degassing to the atmosphere" recently published in Nature's 'Communications Earth & Environment'.
Researchers from the Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), the University of Naples Federico II (UniNA), the University of Basilicata (UniBAS) and the Institute of Methodologies for Environmental Analysis of the CNR (IMAA-CNR) have calculated the volumes of the rocks involved in the recent seismicity of Irpinia, in Italy, by analyzing the seismic catalog of the last 12 years. This analysis made it possible to calculate the fluxes of radiogenic helium (4He) produced in the fault zones which the researchers then compared with the helium fluxes through the entire crust.
In particular, helium is present in natural fluids with two isotopes: primordial helium (3He), whose origin on our planet is mainly attributable to the origin of the planet itself and the radiogenic helium, which is continuously produced by the decay of elements such as uranium (U) and thorium (Th), contained in terrestrial rocks. In the continental areas of our planet where plate tectonics is active, the overall analysis of helium has proved to be a powerful tool for reconstructing the processes involving fluids in their transfer or stationing in the earth's crust.
The researchers found that low-magnitude earthquakes (i.e. magnitudes less than 4) cause variations in the crustal helium flux in the atmosphere, confirming the increase in terrestrial degassing in tectonically active continental regions. Scientists therefore concluded that there is a quantitative relationship between crustal helium fluxes and volume in fault zones. This suggests that changes in helium flux may represent an indicator of changes in fault stress thus correlating it to earthquakes.

“Our idea was to observe the processes that generate earthquakes using a multidisciplinary, geophysical and geochemical approach. In this way, it will be possible to understand the volumes of rock involved in the processes of breaking the crust, using the earthquake catalogs and, consequently, to demonstrate that the genesis of an earthquake can modify the degassing of helium in the atmosphere. In this way we will also have new elements for the study of the evolution of the earth's atmosphere", says Antonio Caracausi, researcher at INGV and coordinator of the study.
The research was conducted in Irpinia in the area of the 1980 earthquake which recorded a magnitude of 6.9. Using the data of the seismic catalog of the last 12 years and the information concerning the source parameters of thousands of small earthquakes of magnitude less than 4 occurred in the same area, it was possible to calculate the degassing of radiogenic helium released into the atmosphere.
The researchers, therefore, were able to estimate that large quantities of helium are released into the atmosphere in coincidence with low-magnitude seismic activity (M <4). Previous scientific evidence, on the other hand, was related only to high-magnitude earthquakes, such as that of Kobe in 1995 and of Kumamoto in 2016, both in Japan with a magnitude of no less than 6.

"We used the data collected by the seismic network in Irpinia (ISNet) because it represents a natural laboratory for the study of the evolution and breakdown processes of faults in an Apennine sector characterized in the past by strong earthquakes and the emission of gas of deep origin, mainly carbon dioxide”, continues Antonio Caracausi.

"The important consequence of this study is that high-frequency monitoring of helium is essential for examining and calibrating regional models capable of describing the relationship between helium degassing and the seismogenic processes responsible for large earthquakes. Our study emphasizes therefore the need to implement new solutions for the field measurement of helium fluxes that allow data to be acquired on a daily basis. The creation of innovative helium monitoring systems, applied in different contexts, could also help to reconstruct the temporal evolution of natural processes such as volcanic eruptions and earthquakes”, concludes the researcher.
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CS Caracausi testo
Immagine - Immagine bidimensionale dell'interno della Terra, al di sotto dei continenti e dell'atmosfera. L'elio fugge dai continenti nell'atmosfera che lo scambia con lo spazio. Nel riquadro, una rappresentazione schematica ingrandita delle zone di faglia come nucleo di faglia più la zona di danno e le rocce adiacenti non deformate.
Image - Two-dimensional sketch of earth interior below continents and the atmosphere. Helium escapes from the continents to the atmosphere that exchanges it with space. The insert shows a zoomed schematic representation of the fault zones as fault core plus the damage zone and the adjacent un-deformed rocks.