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A quattro anni dal terremoto del 30 ottobre 2016 che sconvolse oltre 500 km2 nel cuore dell’Italia, il respiro della Terra torna a farsi sentire tra la Grecia e la Turchia, unendo nella devastazione le due nazioni, da secoli spesso in contrapposizione. I terremoti lacerano le comunità per anni a venire e la devastazione economica e abitativa delle aree colpite si somma alla tragica perdita di vite umane. L’INGV sta per questo dando il suo contributo alla Struttura di Missione per la Ricostruzione del Centro Italia al fine di riconoscere le faglie attive e capaci di rompere la superficie terrestre, per delimitare le aree dove è opportuno non ricostruire, e permettere la rapida apertura dei cantieri edili in quelle aree non soggette a tale rischio. In questo impegno l’istituto coordina le attività con altri centri di ricerca e atenei.

Ogni evento sismico è un’occasione per apprendere sempre meglio il funzionamento del pianeta, e la comunità scientifica viene spronata a studiare con maggiore energia i terremoti e i maremoti, per contribuire a dare quelle indicazioni pratiche per una nuova cultura della prevenzione, oltre che per poter agire con la massima tempestività durante l’emergenza. Per questo dobbiamo lavorare nei tempi di pace nelle aree potenzialmente sismogenetiche perché dove in passato vi sono stati terremoti, lì torneranno, ma vi sono molte aree dove la nostra memoria storica non li ha registrati mentre la geologia ci dice invece che anche lì prima o poi accadranno. Il mondo della ricerca è un ambiente dove si deve sognare di raggiungere un obiettivo e di conquistare nuove conoscenze. Non è facile però lavorare a una visione di lungo periodo durante la compressione sociale e le difficoltà oggettive che tutti stiamo vivendo in questo drammatico 2020, situazione che non aiuta il continuo naturale e indispensabile scambio di relazioni e di idee.

Nuovi modelli di educazione, formazione e discussioni scientifiche sono entrati prepotentemente nella nostra vita, dalla scuola primaria all’università, agli enti di ricerca. Non tutti eravamo preparati a un uso così massivo della comunicazione via rete, una rivoluzione che ci cambierà per sempre. E’ in periodi come questo che lo sviluppo e la diffusione della ricerca tornano fondamentali per aiutare il superamento delle differenze sociali, specie dove l’impossibilità dell’incontro fisico e l’assenza di una rete e strumenti digitali adeguati tendono inevitabilmente ad ampliare le sperequazioni. Ora, più che mai, dobbiamo essere uniti per uscire dalla crisi, arricchiti da un’esperienza che ci aiuterà ad affrontare con determinazione un futuro dove la scienza dovrà sempre più permeare la nostra vita, al servizio della società civile.

Questi ed altri quesiti sono stati lo stimolo nel colloquio con Cristina Pozzi, Co-Founder di Impactscool, l’Ospite d'Onore di questo numero, argomentando con lei sul concetto del “futuro”. A suo avviso, infatti, una educazione ad hoc può renderci capaci di pensare all’avvenire in modo scientifico, con un atteggiamento critico e attraverso strumenti in grado di accompagnare il ragionamento in modo semplice, lineare e ordinato.

Nelle scorse settimane si sono svolte le giornate di “Io non rischio”, la campagna nazionale sulle buone pratiche di protezione civile sul rischio terremoto, rischio alluvione e rischio maremoto. L’edizione 2020 è stata una versione “digitale”, ma, grazie alla generosa collaborazione di tutti i partner, siamo riusciti a portare al pubblico la promozione della conoscenza dei rischi naturali e la necessaria consapevolezza delle eventuali conseguenze rispetto alla esposizione del territorio italiano, illustrando l’adozione di alcuni accorgimenti che, in taluni casi, possono rivelarsi salvavita.


Lo scorso 7 settembre si è ricordato il centenario del terremoto di M 6.5 della Garfagnana e della Lunigiana, l’evento sismico che dal catalogo storico risulta essere il più forte conosciuto a tutt’oggi per l'Appennino settentrionale. Ricordarlo è sempre importante e necessario per mantenere alta l’attenzione sul tema della prevenzione sismica intesa sia come prevenzione strutturale (interventi sulle costruzioni per renderle più sicure all’impatto dei terremoti), sia come educazione al rischio delle popolazioni che vivono in zone sismiche.

Le ricerche condotte dall’INGV ci hanno portato sui vulcani giapponesi, tra tradizione e modernità. Un viaggio in una nazione lontana, dai colori per noi esotici; un’isola sospesa tra storia e modernità, in cui un passato antichissimo, fatto di rituali, templi e santuari, convive con un progresso apparentemente senza freni, dove la ricerca scientifica è fonte primaria di energie vitali.

Dal Giappone, poi, siamo approdati in Antartide, il laboratorio perenne di tutti i ricercatori. In particolare, abbiamo approfondito una scoperta poco nota ai più: il ritrovamento del meteorite marziano più antico, ALH84001, oggetto di numerosi studi alcuni dei quali hanno suggerito la presenza, in passato, di forme di vita batteriche sul Pianeta Rosso.

In questo numero, poi, il viaggio nei laboratori lo abbiamo dedicato al Laboratorio di Geo-Archeomatica e Geofisica Sperimentale che si trova nella sede romana dell’INGV. Incredibilmente versatile, indirizza le sue attività ed i risultati verso tutti i settori di interesse dell’Ente, dalla sismologia alla vulcanologia, passando per il monitoraggio ambientale e la conservazione del patrimonio archeologico ed edilizio nazionale. Rappresenta una fucina di idee innovative e un terreno fertile per lo sviluppo e l’implementazione di tecniche e strumenti sempre nuovi e al passo con i tempi, tra droni, sottomarini e realtà aumentata.

Infine, abbiamo affrontato con il Data Protection Officer dell’INGV i temi della privacy e dei dati personali. In un mondo completamente interconnesso, in cui i dati personali viaggiano più di merci e persone e rappresentano una vera miniera d’oro per il commercio, la gestione di questa enorme mole di informazioni assume un’importanza strategica per qualsiasi organizzazione. È così anche all’INGV, dove le attività di ricerca e monitoraggio insite nella missione dell’Ente si intrecciano inevitabilmente con pratiche variamente consolidate riguardanti, per l’appunto, la raccolta, la gestione e il trattamento dei dati personali anche oltre i confini nazionali.

Come ente di ricerca, però, siamo all’avanguardia nella diffusione dei dati scientifici delle numerose reti di monitoraggio, laboratori, ecc., raccolti dall’istituto: il Gruppo Gestione Dati sta ultimando la realizzazione del portale dei dati aperti a tutta la comunità scientifica. Un grande passo avanti per il quale dobbiamo ringraziare tutti gli attori che lo hanno realizzato con pazienza e tenacia.

Buona lettura!