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Il mese di ottobre per la scienza italiana è iniziato davvero sotto buoni auspici: il Premio Nobel per la Fisica è stato assegnato a Giorgio Parisi “per la scoperta dell'interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici dalla scala atomica a quella planetaria”. Un premio Nobel che inorgoglisce tutti gli italiani e rende merito a uno scienziato straordinario che con metafore semplici riesce a comunicare le sue scoperte eccezionali: le scienze sono come i fari di un’auto guidata da altri che, con gettata limitata, ci illuminano la via da seguire. E’ proprio vero che l’illuminismo si è un po’ appannato, nonostante la nostra qualità della vita sia incredibilmente migliorata, così come l'aumento della vita media: le scoperte scientifiche sono sì frutto dell’intelligenza e dell’intuizione del singolo ma sono anche il risultato di un ambiente dinamico, stimolante, vitale in cui il ricercatore vive e si confronta.
E’ fondamentale che i ricercatori siano liberi di studiare, indagare, provare e riprovare la fondatezza delle proprie teorie, ma è anche indispensabile che la scienza abbia a disposizione risorse, umane e finanziarie adeguate: i successi della ricerca scientifica sono anche il frutto degli investimenti, ma sono anche il volano per la crescita socio-economica degli Stati. Solo con l’istruzione e la ricerca si migliorano gli strumenti in cui si esplica la nostra vita, dalla salute alla tecnologia. Siamo circondati dalla ricerca scientifica, siamo avvolti dalla tecnologia che ne è la conseguenza diretta. La usiamo continuamente e, quasi paradossalmente, la diamo per “scontata”. I nativi digitali non colgono la portata della rivoluzione che stiamo vivendo grazie alla scienza e danno per scontato l’uso degli smartphone, l'esistenza di internet, le previsioni meteo, il radar, i farmaci analgesici, la tomografia computerizzata, che non sono altro che il frutto di intuizioni di scienziati, di anni di ricerche, di risorse investite.
Investire nella ricerca significa, quindi, investire nella vita. Purché si tratti di ricerca libera da condizionamenti. Per questo devo ringraziare il Premio Nobel Giorgio Parisi e il Presidente dell’Accademia dei Lincei Roberto Antonelli che hanno voluto sostenere l’INGV nella sua battaglia per l’indipendenza economica e quindi scientifica: https://www.huffingtonpost.it/entry/la-liberta-dellingv-e-durata-quanto-la-vita-di-una-farfalla-di-r-antonelli-g-parisi_it_61557414e4b05025422edf27, posizione inspiegabilmente non accettata dalla Protezione Civile nazionale, autonomia che sarebbe andata a tutela di entrambe le istituzioni.

Uno dei campi meravigliosi di indagine scientifica è il nostro pianeta. La terra è viva e respira, le eruzioni vulcaniche sono il segno più evidente di questa vitalità.
In questo periodo sono diversi i vulcani nel mondo che hanno dato luogo a manifestazioni più o meno intense. E’ il caso del Cumbre Vieja, situato sull'isola canaria di La Palma, dove dal 19 settembre ha avuto inizio un’eruzione che sta cambiando la mappa dell’isola.
I ricercatori dell’INGV, forti della grande esperienza nel monitoraggio dei vulcani italiani, si sono recati immediatamente sul luogo per studiare il fenomeno e collaborare con i vulcanologi spagnoli.
Anche Vulcano nelle nostre Eolie ha dato segni di irrequietezza, con valori monitorati che hanno evidenziato un disequilibrio del sistema vulcanico. Ciò ha determinato la proposta dell’INGV, accolta dal Dipartimento di Protezione Civile, del passaggio al livello di allerta “giallo” per l’isola di Vulcano. Il Responsabile del Centro Monitoraggio Eolie dell’INGV ci aiuta a comprendere meglio cosa significa per l’INGV un passaggio che, da un lato, implica il potenziamento delle attività di monitoraggio e sorveglianza del vulcano e confronti più fitti con tutti gli attori istituzionali coinvolti e, dall’altro, rappresenta un ulteriore stimolo a studiare con nuove tecnologie e moderne analisi l’evoluzione di un vulcano che non “sentivamo” dal 1989. Sempre le Eolie, questa volta Salina, sono state il palcoscenico del Green Salina Energy Days. Dedicato agli aspetti chiave della transizione energetica nelle isole minori dell’Unione Europea, l’appuntamento ha rappresentato un momento di condivisione delle iniziative intraprese dalle istituzioni pubbliche e dai partner privati per ridurre l’utilizzo di energie da sorgenti fossili del 30% entro il 2030.

Tutte le nostre energie, infatti, sono dirette a capire sempre di più e meglio come è fatta e come funziona la Terra, e a imparare a convivere con la natura di cui facciamo parte.
Aldo Zollo, Ordinario di Sismologia all'Università di Napoli “Federico II” e membro del Consiglio Scientifico dell’INGV, è il nostro ospite d’onore di questo mese. Nella vita c’è sempre un evento che indica il percorso. Per Aldo Zollo un evento importante è stato il tragico terremoto dell’Irpinia del novembre 1980.
Historia magistra vitae. Ciò vale sempre, anche nella geologia. Studiare la storia dei terremoti è, infatti, fondamentale per capirne i meccanismi di azione e le conseguenze, soprattutto nei territori fortemente antropizzati. In particolare, la sismologia storica studia i terremoti del passato grazie alla quale è possibile la compilazione di preziosi cataloghi e database. Molti di questi strumenti sono messi a disposizione dall’INGV e consultabili liberamente e online: nell’intervista dedicata ve ne presentiamo due in particolare, il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI15) e il Database Macrosismico Italiano (DBMI15).

Le montagne, i mari, gli oceani: tutto il nostro Pianeta si muove, cambia, evolve da milioni di anni. Come semplici esseri umani non siamo in grado di apprezzare a occhio nudo questa infaticabile danza, ma la scienza ci ha dotati di strumenti con i quali poter interrogare il paesaggio che ci circonda e farci raccontare la sua storia. Una di queste storie ci ha portati fino in Sudamerica, al cospetto della maestosa Cordigliera delle Ande: una catena montuosa che sembra non avere fine, serpeggiando lungo tutto il margine occidentale del continente sudamericano. Un team internazionale di ricercatori ha ‘interrogato’ il tratto ecuadoriano della catena andina, scoprendo che la sua caratteristica forma arcuata è in realtà il frutto di un lungo e antichissimo processo di deformazione delle rocce che compongono quelle montagne. Il Direttore della Sezione Roma 2 dell’INGV, che ha fatto parte del team che ha condotto la ricerca, ci rappresenta la formazione del cosiddetto ‘oroclino ecuadoriano’ e ci guida alla scoperta dell’origine della tipica forma arcuata delle Ande.

Il nostro viaggio nei luoghi delle geoscienze continua presso la Sezione di Milano dell’INGV, punto di riferimento delle geoscienze nel territorio lombardo. Nelle parole del Direttore Lucia Luzi, le sfide scientifiche affrontate e anche le grandi difficoltà che lo scorso anno hanno visto la Lombardia teatro della fase più dura dell’epidemia da Covid-19 nel nostro Paese.

Infine, entreremo nel Laboratorio di Geochimica dei Fluidi della Sezione di Roma 1 che supporta la ricerca nell’ambito di una vasta gamma di settori relativi all’impatto ambientale, dalla contaminazione delle acque sotterranee alla valutazione delle emissioni dei geogas in atmosfera, dall’analisi dei depositi di gas naturale alla caratterizzazione dei fluidi petroliferi e geotermici, dall'esplorazione mineraria ai rischi naturali per finire al monitoraggio in aree vulcaniche e sismicamente attive.

La Terra è unica e noi ne siamo parte: la studiamo per conoscerla, per rispettarla, per viverla