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Un Laboratorio diffuso che, come lascia intendere il suo stesso nome, trova il suo habitat naturale in mare, in particolare in quello color smeraldo dell’Area Marina Protetta del Parco Nazionale delle Cinque Terre. Stiamo parlando del Laboratorio di Geofisica Marina dell’INGV, situato presso la Sede distaccata di Portovenere dell’Istituto, che abbiamo visitato virtualmente intervistando il suo responsabile, Filippo Muccini.

Con Filippo abbiamo conosciuto le principali attività che lui e i suoi colleghi ricercatori e tecnologi dell’INGV svolgono all’interno del Lab: dagli studi sperimentali sulla degradazione delle plastiche in mare, alle campagne oceanografiche per studiare i fondali marini.

Un ventaglio di attività da svolgere sia sopra che sotto il pelo dell’acqua, con l’obiettivo di conoscere sempre più e sempre meglio l’ambiente che ci circonda.

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 Filippo, di cosa si occupa esattamente il Laboratorio di cui fai parte?

Il Laboratorio di Geofisica Marina della Sezione Roma 2 è ospitato presso la Sede distaccata INGV di Portovenere (SP), in Liguria e si occupa della manutenzione, dell’integrazione e dello sviluppo di strumentazione come supporto tecnologico alla realizzazione di campagne oceanografiche per lo studio del fondale marino e della colonna d’acqua, sia in aree costiere sia su alti fondali.

Quali sono gli obiettivi principali di queste campagne oceanografiche e, più in generale, degli studi del fondale marino cui collaborate?

Per semplificare, possiamo dividere le campagne oceanografiche in due grandi famiglie: quelle in acque basse, solitamente vicino alla costa se non addirittura in acque portuali, e quelle su alto fondale, letteralmente in mezzo al mare.

Nel primo caso, quando si lavora in acque basse, l’attività può prevedere la mappatura del fondale per studi di geologia marina così come la ricerca di evidenze idrotermali in aree vulcaniche attive. Altro campo di applicazione che abbiamo largamente affrontato è la ricerca di oggetti ferromagnetici sepolti, molti dei quali sono ordigni inesplosi, i cosiddetti UXO (UneXploded Ordnance) dove l’indagine magnetometrica si è affermata come una delle più qualificate.
Per quanto riguarda le campagne oceanografiche su alti fondali, invece, sono due le tematiche di studio principali che portiamo avanti: la geologia dei seamount, con una particolare attenzione allo studio dei sistemi idrotermali profondi spesso presenti su questi vulcani sottomarini, e l’evoluzione tettonica delle grandi zone di frattura che interessano i nostri oceani.

Di quali strumenti è dotato il Lab?

Nomen omen… Il Laboratorio è rivolto al mare e la strumentazione è principalmente destinata all’esplorazione geofisica dei fondali marini. Studiamo le variazioni del campo magnetico e di quello gravimetrico per costruire modelli geologici a varia scala, e per far questo utilizziamo magnetometri marini, dei “siluri” che vengono trainati dalle navi oceanografiche, come il SeaSpy. Utilizziamo anche gravimetri, strumenti che registrano le variazioni dell’accelerazione di gravità e che possono essere appoggiati sul fondo del mare o, più comodamente, installati all’interno di una nave o di un aereo. I ROV, poi, sono dei robot filoguidati che ci permettono di vedere fino a grandi profondità e anche di prelevare qualche campione di roccia. Il ROV può anche ospitare un Side Scan Sonar, cioè un vero e proprio sonar che ci permette di mappare il fondale marino e capire come è fatto.

Per i test della strumentazione e per i rilievi più vicino a costa abbiamo una piccola imbarcazione di 7 metri allestita per questo scopo. E stiamo ultimando la realizzazione un veicolo autonomo di superficie, completamente smontabile e trasportabile, che ci aiuterà a raggiungere aree normalmente complicate, come acque interne (laghi, fiumi e canali) o interdette alla normale navigazione. 

A questo proposito, che progetti sono in programma per il futuro del Lab?

Ce ne sono diversi… Recentemente all’interno del Laboratorio sono state progettate e testate delle speciali gabbie installate a fondo mare per uno studio sperimentale sulla degradazione della plastica e della bioplastica.

Grazie ai recenti fondi stanziati per la ricerca dall’Ente stiamo portando avanti lo sviluppo di due sistemi che, speriamo, vedranno presto il mare. Il primo è un nuovo gradiometro marino, uno strumento che andrà in profondità e sarà equipaggiato da sensori magnetici capace di “seguire” il fondo del mare grazie ad un verricello “intelligente”. L’altro, progetto sul quale stiamo effettuando dei test preliminari proprio in questi giorni, è la realizzazione di drifter ecosostenibili e a basso costo. Si tratta sostanzialmente di oggetti che galleggiano sulla superficie del mare e ci permettono di capire, grazie al GPS, come si muovono e quali strade prendono, simulando il possibile percorso di rifiuti abbandonati in mare. 

Inoltre, i ricercatori e i tecnologi del Lab collaborano anche con società esterne nella progettazione e nell’implementazione di strumentazione geofisica su AUV (Autonomous Underwater Vehicle) all’interno di progetti comuni.

Un Laboratorio diffuso che, come lascia intendere il suo stesso nome, trova il suo habitat naturale in mare, in particolare in quello color smeraldo dell’Area Marina Protetta del Parco Nazionale delle Cinque Terre. Stiamo parlando del Laboratorio di Geofisica Marina dell’INGV, situato presso la Sede distaccata di Portovenere dell’Istituto, che abbiamo visitato virtualmente intervistando il suo responsabile, Filippo Muccini.