spazio vuoto logo alto

ICONA Facebook    ICONA Youtube666666   ICONA Flickr666666   ICONA Youtube666666   INGV ICONE social 07   INGV ICONE social 06   ICONA Facebookr999999

Le misure di distanziamento sociale e la necessità per tutti di lavorare da casa in questi tempi “da COVID” hanno, per quasi tutti, stravolto le quotidiane routine lavorative.

Ciò per “quasi” tutti, appunto. Infatti, una struttura operativa dell'INGV non ha dovuto rivedere le proprie priorità e modalità operative perché da sempre lavora in modo de-centralizzato e basata su connessioni e collaborazioni centrate su internet: il Centro di Monitoraggio del Sottosuolo (CMS, ndr). Andrea Morelli, geofisico e Dirigente di Ricerca dell’INGV, ne è il Responsabile, coordinando un team di 15 ricercatori (oltre ad un’altra trentina coinvolti in modo parziale su tematiche di ricerca) che lavorano da 6 diverse province in altrettante regioni italiane, Bologna, Milano, Rovigo, Arezzo, l’Aquila e Roma.

Andrea, cos’è il CMS?
Il Centro per il Monitoraggio delle attività di Sottosuolo è la struttura dell’INGV dedicata alla raccolta e a tutte le conseguenti analisi scientifiche dei dati geofisici relativi ai territori italiani interessati da attività antropiche di utilizzo di georisorse (quali, ad esempio, l’estrazione di idrocarburi, la reiniezione di acque di scarto dell’industria, lo stoccaggio di gas naturale o lo sfruttamento di energia geotermica) o legate ad altri rischi antropogenici (ad esempio, i bacini artificiali).

Il CMS nasce principalmente come consulente del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), delle Regioni e degli Enti locali per l’applicazione sperimentale delle linee guida per il monitoraggio - tra l’altro - della sismicità e delle deformazioni del suolo causate dalle azioni dell’uomo e messe a punto dagli organismi del MiSE.

Le attività del CMS si sviluppano nell’ambito del rilevamento e dello studio dei meccanismi della sismicità, delle deformazioni e nella valutazione dei rischi attesi connessi all’applicazione delle tecnologie di sottosuolo legate all’industria energetica.

Come è nata l’idea di porre in essere un team di ricerca per questa tipologia così particolare di studi?

In Italia questa attenzione nasce subito dopo la sequenza sismica dell'Emilia del 2012. Si diffuse infatti la preoccupazione che questi terremoti fossero in qualche modo connessi all'attività di sfruttamento del sottosuolo da tempo in corso in molte zone della Pianura Padana. Purtroppo, nonostante la pericolosità sismica dell’area emiliana fosse correttamente rappresentata dalle mappe, la memoria “sociale” dei terremoti sia era persa nel corso delle generazioni perché da tempo non se ne verificavano.

All’accadimento degli eventi del 2012, anche grazie alla cassa di risonanza dei social networks, si diffuse il sospetto che i terremoti emiliani potessero avere una loro ragion d’essere nelle estrazioni di gas e petrolio.
Effettivamente, oramai è noto che l’attività di estrazione o di iniezione di gas o liquidi nel sottosuolo può provocare dei terremoti che, generalmente, presentano una magnitudo (ovvero, una “forza”) modesta. Tuttavia, nel caso della sequenza emiliana del 2012, nessuno studio ha dimostrato un chiaro legame tra le attività dell'uomo e quella sequenza sismica. Mentre, invece, essa è pienamente compatibile con i modelli geologici e tettonici noti e scientificamente acclarati.

Questa sensibilità sociale a tali fenomeni naturali ed a quelle attività antropiche che, in linea di principio, potrebbero influenzarli, ha fatto sì che il Ministero dello Sviluppo Economico, responsabile per la sicurezza mineraria, pubblicasse linee guida, elaborate da un panel di esperti, in merito al monitoraggio geofisico degli effetti di queste attività, perché il controllo (che veniva comunque effettuato dagli stessi operatori) fosse indipendentemente realizzato da una struttura autorevole e terza. Nell'ambito di queste linee guida, l'INGV è stato chiamato a questo importante ruolo di "controllore" indipendente ed istituzionale delle eventuali alterazioni della crosta terreste conseguenti all'attività umana.

In cosa consiste l’attività del CMS?
Il Centro per il Monitoraggio del Sottosuolo opera esclusivamente all’interno di convenzioni stipulate con enti pubblici che ci incaricano di monitorare e di studiare le aree interessate da rischi antropogenici.

Il CMS, naturalmente, conduce anche ricerche su argomenti connessi al miglioramento dello stato di conoscenze sulla struttura e i processi attivi nel sottosuolo oltre, ovviamente, alla divulgazione dei risultati raggiunti ed alla necessaria e trasparente informazione alla popolazione.
Le linee guida del MiSE ci richiedono il monitoraggio della microsismicità con l’acquisizione e l’analisi dei dati in tempo reale, con tempi di risposta dell’ordine di 24 ore.

Per queste esigenze molto stringenti il Centro ha organizzato una sala operativa virtuale h24, in grado di operare da remoto, in coordinamento con la sala operativa della rete sismica nazionale soprattutto per il caso caso di terremoti, per localizzazione e magnitudo, di interesse comune. Ovviamente, questa tempistica così stringente serve per poter attivare quei meccanismi previsti dalle Linee Guida per la riduzione o la cessazione delle attività industriali, nel caso vengano riscontrate anomalie.

Quali aree attualmente monitorate e studiate?

Attualmente, per l'applicazione delle Linee Guida in via di sperimentale, operiamo in alcune concessioni specifiche: lo stoccaggio di gas di Minerbio (dove in realtà la fase sperimentale è da poco terminata), le estrazioni di idrocarburi di Mirandola in provincia di Modena, di Val d'Agri e Gorgoglione in Basilicata. Negli ultimi tempi stiamo attivando il monitoraggio integrato anche delle numerose concessioni di utilizzo di energia geotermica in Toscana.

Come si coordina il vostro monitoraggio con quello della rete sismica nazionale?
Il nostro monitoraggio usa strumenti ed ha finalità diverse rispetto alla sorveglianza sismica del territorio nazionale. Il Centro si interessa ad eventi molto più piccoli (la cd. micro-sismicità) di carattere locale solo in alcune zone specifiche.

I nostri micro-terremoti di magnitudo 0 sono interessanti per studiare l'evoluzione dei fenomeni ma non sono rilevanti per la sorveglianza nazionale. E’ naturale che possono esserci terremoti di interesse comune, di magnitudo più importante e localizzati nelle vicinanze di una concessione monitorata. In questo caso, la sala di sorveglianza opera con una tempistica di pochissimi minuti e ci fornisce un dato da analizzare in grande dettaglio.

Come si “vive” questa sorveglianza con il lavoro agile?

Tutto il personale impegnato nelle attività del Centro afferisce a diverse Sezioni e Sedi dell’INGV e, pertanto, da sempre il nostro team lavora da remoto perfettamente.
Pertanto, questi giorni sono per noi lavorativamente “normali”, continuando il monitoraggio con le nostre routine giornaliere, con le interazioni e conferenze remote, senza significative differenze rispetto a prima dell'emergenza. Forse, l’unica vera differenza sono le “location” delle nostre case e non degli uffici. A turno, ogni giorno un ricercatore si collega con il sistema di calcolo del CMS, ubicato nella Sezione di Bologna dell’INGV, per effettuare i controlli e le analisi dei dati raccolti delle 24 ore precedenti e condividere risultati o problemi. E’ un modo di lavorare indubbiamente molto dinamico, "agile" appunto, che usa i numerosi strumenti informatici ormai disponibili. Inoltre, organizzando una riunione generale ogni settimana, tutto il gruppo di lavoro si aggiorna e si suddivide i compiti. Attualmente, sono in contatto continuo i colleghi Mario Anselmi, Thomas Braun, Stefania Danesi, Alexander Garcia, Irene Molinari, Maddalena Errico, Daniela Famiani, Maurizio Vassallo, Lucia Zaccarelli, Paolo Zerbinato, che ringrazio per l’entusiasmo e l’efficienza. In definitiva, noi siamo qui, sempre. Anche noi siamo #ingvoperativosempre!