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Carta d’identità
Nome: Giovanni Chiodini
Anni: 64
Qualifica: Dirigente di ricerca
Sede: Bologna
Campo di attività: geochimica dei fluidi (in particolare vulcanici-idrotermali)

Colore preferito: Azzurro del cielo sereno

 

Intuizioni, tanta curiosità e una cura maniacale nell’acquisizione di dati sono gli ingredienti che hanno portato Giovanni Chiodini ad essere uno stimato vulcanologo dell’INGV. Tolti i “panni” da ricercatore ama passeggiare e dedicarsi a pochi (ma buoni) amici. Dall’amore per Napoli alle lunghe passeggiate in montagna, Giovanni non è diventato un cowboy o un indiano come sognava da bambino ma certamente ha lanciato frecce indelebili nel mondo della ricerca.

Cosa o chi ti ha avvicinato al mondo della vulcanologia? 

Ho iniziato dopo laureato a lavorare per Aquater (azienda del gruppo ENI) per ricerche di geotermia e mi sono appassionato all’origine dei fluidi delle sorgenti termali, delle fumarole. In quel periodo ho realizzato quanto poco sapessimo di tutto il biossido di carbonio (CO2) emesso naturalmente dalla Terra. Quando entrai all’Università è stato naturale avvicinarmi alla Vulcanologia.

Da bambino cosa sognavi di diventare “da grande”?

A dire la verità vivevo molto in un mondo di fantasia, eroi del west, pistole e frecce. Insomma volevo diventare o un indiano o un cowboy... 

Che materie ti appassionavano a scuola?

Matematica e Storia. 

C’è stato un “mito” di riferimento a cui ti sei ispirato?

Più di uno. Durante il periodo Aquater, e successivamente a Pisa dove lavoravo per la ditta Geotermica Italiana, conobbi persone importanti per me: Franco Tonani e Franco Barberi (loro allora erano il top, un mito); Roberto Cioni e Luigi Marini, due amici veri che mi hanno insegnato molto. Roberto (scomparso da poco) mi ha trasmesso il piacere dei dati ben fatti: non c’è scienza senza buoni dati! Successivamente quando ho iniziato a scrivere i primi lavori ebbi come riferimento Werner Giggenbach (che mi trovavo sempre come “reviewer”) e da cui ho ripreso parte dei metodi utilizzati e approfonditi allora (anni ’80) e successivamente. 

Dove ti sei laureato e che ricordi hai del tuo percorso universitario?

All’Università di Perugia nel 1979. Era una facoltà nuova, fui il secondo laureato. Mi ricordo in particolare le piacevoli discussioni di scienza e altro (anche fuori Università) fra noi studenti e i Prof. Giampaolo Pialli e Stefano Giaquinto. 

Il momento più emozionante della tua carriera?

Più di uno, te ne dico due. 

Il primo al cratere della Fossa di Vulcano nell’estate del 1995. Stimolato da una intuizione di Tonani, avevo da poco messo a punto con Roberto Cioni uno strumento per misurare i flussi di gas (CO2) emessi in modo diffuso dal suolo di vulcani. In un paio di giorni, con un prototipo fatto in casa, feci più di 200 misure che poi furono la base per un primo lavoro sui flussi diffusi di CO2 (Chiodini et al., 1996). Ora ci sono centinaia di lavori basati su quella tecnica.

Il secondo momento nel 1996 quando, guardando delle sorgenti di grande portata ubicate lungo il fiume Nera (le conoscevo perché campionate per la tesi di laurea), feci a mente un conto veloce e una considerazione: moltiplicando la portata di 15000 litri per secondo per la concentrazione di CO2 di circa 1 grammo per litro si ottiene un flusso di CO2 pari a circa 1300 tonnellate al giorno; quelle sorgenti emettono tanto gas quanto un vulcano! Questa scoperta fu la base per una serie di buoni lavori fatti negli anni successivi. 

Direi due eventi davvero speciali, cosa ti ha emozionato?

In entrambi i casi scoprire qualcosa di nascosto e poi elaborare i dati per illuminare un mondo allora sconosciuto.

Invece il momento più emozionante nella tua vita privata?

La nascita dei miei figli Leon e Emma. 

Cosa pensi che saresti diventato se non avessi fatto il ricercatore?

Da ragazzo mi piaceva molto disegnare. Avrei voluto diventare un pittore o un architetto. 

Da quanto tempo sei all’INGV?

Da quando fu fondato nel 2001 perché lavoravo presso uno degli enti accorpati in INGV (Osservatorio Vesuviano, Napoli). 

Qual è la prima cosa che fai quando torni a casa?

Preparo la cena. 

Qual è, secondo te, la scoperta scientifica che cambierebbe la storia della vulcanologia?

La previsione a medio termine (mesi-anni) delle eruzioni. Difficile, forse impossibile, ma uno sforzo va fatto in questo senso perché è quello che la Società si aspetta da un vulcanologo. 

C’è qualche ricercatore che secondo te potrebbe avere le “carte in regola” per fare una scoperta di tale portata?

Forse quella scoperta non è possibile, ma ci si può avvicinare soltanto integrando differenti conoscenze, insomma un lavoro multidisciplinare. Vulcanologi, geochimici, geofisici, statistici devono imparare a lavorare insieme (e una delle fortune del nostro ente è che tali competenze sono tutte ben rappresentate). Una caratteristica che devono avere è che la prima motivazione del loro lavoro deve essere la curiosità scientifica.

Ci sono ricercatori di una nazionalità in particolare che secondo te sono più preparati nel campo della vulcanologia?

Difficile rispondere a questa domanda. In Italia ci sono ottimi ricercatori e ne ho conosciuti altrettanto bravi fra i colleghi stranieri. Purtroppo molto del tempo che dovremmo dedicare a fare misure, sviluppare modelli, studiare è occupato da una burocrazia che nel tempo è diventata sempre più onerosa. Questo è un problema grave in particolare qui da noi ed in generale in Europa (penso alla gestione, per esempio, dei progetti finanziati dall’Europa). L’impressione è che in altre parti del mondo (es. USA) questo carico sia molto più leggero. 

Una città che hai visitato che ti è rimasta nel cuore e una in cui hai sempre sognato di trasferirti?

Ho abitato molto tempo e amato Napoli dove ancora ho molti cari amici. Chissà tra poco quando andrò in pensione mi troverò un bilocale in via dei Tribunali.

Una cosa che adori di Napoli?

Al contrario di molte belle città, Napoli non è un museo. E’ una città vissuta, multietnica dove convivono persone di differenti classi sociali. E’ una città piena di cultura: nei locali del centro mi è capitato di discutere e diventare amico con disoccupati che sanno di fisica e matematica, fabbri che fanno lungometraggi, professori di antropologia, cuochi e musicisti.

Quali sono stati i tuoi viaggi più belli?

Molti viaggi, me ne vengono in mente tre: il vulcano Reventador nella parte amazzonica dell'Ecuador; il vulcano Domuyo, nella parte settentrionale della Patagonia, Argentina; l’isola di Nisyros in Grecia. 

Cosa ti sarebbe piaciuto scoprire, tra le scoperte del passato?

Domanda difficile, forse quello che hanno scoperto i grandi fisici del XV e XVI secolo (Galilei, Newton). 

Qual è il tuo X-Factor?

L’ostinazione nella ricerca di soluzioni alle mie curiosità e l’affidarmi a competenze specifiche per quegli aspetti che esulano dalle mie conoscenze.

Ti piace lo sport?

Si come cura sistematica del proprio corpo. 

Ne hai mai praticato qualcuno?

In passato ho nuotato molto, ora faccio lunghe passeggiate.

Ascolti musica?

In passato l’ho ascoltata molto, ora quasi soltanto in macchina durante i viaggi settimanali fra Perugia, dove abito, e la sede di Bologna dove lavoro.

Qual è il tuo genere preferito?

I cantautori italiani di quando ero ragazzo (De Andrè, Guccini, Battiato, Dalla ecc.).

Libro preferito?

In assoluto non ho un libro preferito. Mi sono piaciuti i libri di Levi, Pasolini, Conrad ecc. Ora leggo molto volentieri Simenon e Kapuscinski. Ecco, un libro che consiglierei ad un amico è Ebano di quest’ultimo.

Se dovessi ricordare un tuo “primo giorno” quale ricorderesti?

Il giorno che partii per il primo viaggio di lavoro (con Aquater) a Palmira, in Siria. Avevo 26 anni ed era la prima volta che prendevo un aereo.

Che ricordi hai della Siria di quei tempi?

Palmira è una perla (e i siriani con cui ho lavorato gente d’oro). A Palmira trovi le rovine di una città romana, con tanto di anfiteatro, colonne, strade, e nello sfondo un castello arabo che ricorda quelli delle fiabe. Che tristezza quando un paio di anni fa è stata devastata dalla guerra.

Cosa fai quando non fai il ricercatore?

Sono diventato un abitudinario: frequento pochi e selezionati amici in giorni stabiliti della settimana (venerdì sera in pizzeria), alle 19:00 vado al bar per un aperitivo, nei fine settimana faccio lunghe passeggiate possibilmente in montagna.

Hai un posto del cuore?

L’isola di Nisyros (ma anche Perugia e Napoli). 

La tua maggior fortuna?

Un lavoro che mi piace (e retribuito) non mi è mai mancato e questa è una fortuna che non tutti hanno. 

Nella tua valigia non può mai mancare?

Non so rispondere che in modo banale (biancheria per tutti i giorni del viaggio...).

In cucina sei più da dolce o da salato?

Da salato.

Piatto preferito?

Gnocchi come li faceva mia madre.

Ti piace cucinare?

Si, se vieni a Perugia ti preparo le mie polpette al sugo.

Non mancherò! Cosa ami di Perugia e come la vedi trasformata negli anni?

Perugia è la città dove sono nato e dove ho i miei ricordi. Gli anni ’70 sono stati emozionanti: amici da tutto il mondo (lì c’è l’Università per stranieri) e d’estate i concerti gratis di Umbria Jazz. Insomma una città divertente, ora un po’ meno (ma, come diceva Guccini, non so bene se è storia o io che sono più vecchio...).

Una cosa che hai capito “da grande”?

La grande fortuna di fare un lavoro che ti piace.

Cosa conservi della tua infanzia?

La curiosità.

Ultima domanda: qual è la canzone che non smetteresti mai di ascoltare?

Non so dire, forse “Canzone dell’amore perduto” di Fabrizio De Andrè.