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Una nuova luce sulla storia geologica recente di un settore quasi sconosciuto della Rift Valley Africana, il rift del Ririba, nel sud dell’Etiopia, in grado di fornire nuove fondamentali indicazioni su come segmenti maggiori di rift continentali si propagano, interagiscono e si connettono. È questo il risultato cui è giunto uno studio pubblicato sulla rivista “Nature Communications” nel quadro di un progetto finanziato dalla National Geographic Society, cui ha preso parte un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) insieme a colleghi provenienti da altre Università e Enti di Ricerca italiani (Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR, Università degli Studi di Firenze e Università degli Studi Roma Tre) e di Etiopia, Regno Unito, Francia, Germania e Nuova Zelanda.

Le rift valley continentali rappresentano delle grandi fratture nella superficie terrestre (rift in inglese significa spaccatura, rottura) che si allargano progressivamente nel tempo portando alla rottura delle placche continentali e alla formazione di nuovi bacini oceanici. La Rift Valley Africana è un esempio classico di questi processi geodinamici, in cui vulcanismo, terremoti e fratturazione della crosta terrestre sono le manifestazioni superficiali delle enormi forze tettoniche che modellano il nostro pianeta.

Partendo da dati raccolti in un’area remota al confine tra Etiopia e Kenya e integrando i risultati con analisi di laboratorio su campioni di rocce vulcaniche, studi della sismicità, della distribuzione del vulcanismo, della morfologia dell’area e sofisticati modelli numerici, gli autori dello studio hanno ricostruito l’evoluzione recente del rift del Ririba. In particolare, i ricercatori hanno ottenuto importanti indicazioni su tempistica, distribuzione e caratteristiche dell'attività vulcanica e tettonica in questo piccolo rift. I risultati hanno mostrato come il rift del Ririba sia nato dalla propagazione verso sud della rift valley Etiopica intorno a 3,7 milioni di anni fa; tuttavia, in contrasto con precedenti teorie sull’evoluzione del processo di rifting nella regione, i nuovi dati mostrano come questa propagazione sia stata di breve durata e si sia interrotta intorno a circa 2,5 milioni di anni fa. Una fase tardiva di vulcanismo, che ha dato luogo a numerose colate di lave basaltiche e impressionanti crateri vulcanici esplosivi (maars), ha successivamente interessato l’area; questa attività vulcanica, non direttamente collegata a significativi eventi tettonici, apre nuove domande su come vulcanismo e fratturazione della crosta terrestre interagiscano tra loro durante il processo di rifting continentale.

In generale, questi nuovi risultati forniscono dunque importanti informazioni sullo sviluppo dei sistemi di rift continentali, come la Rift Valley Africana. Essi suggeriscono come il processo di connessione dei maggiori settori della rift valley (in questo caso i rift del Kenya e dell'Etiopia) sia legato a fasi di propagazione e abbandono che causano variazioni geologicamente rapide della posizione e delle caratteristiche dell’attività vulcanica e tettonica. Questo può aver guidato importanti cambiamenti nella morfologia e negli ambienti naturali nel sud dell’Etiopia, che a loro volta possono aver influenzato l’evoluzione dei nostri antenati in Africa Orientale.

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