spazio vuoto logo alto

ICONA Facebook    ICONA Youtube666666   ICONA Flickr666666   ICONA Youtube666666   INGV ICONE social 07   INGV ICONE social 06   ICONA Facebookr999999

artide antartide img 1 articoloTra gli eventi storici che più hanno lasciato il segno nella cultura collettiva di molte generazioni ci sono, senza dubbio, le due Guerre Mondiali che, con la violenza che gli fu propria, hanno esercitato la loro influenza su tutte le arti, dalla musica alla poesia, dal cinema alla prosa. Tanti sono i versi scritti in memoria dei soldati che, partiti per il fronte, non fecero più ritorno ai loro affetti, smarriti tra trincee e sepolture di fortuna. Ma il 5 maggio 2015 a Velletri, popoloso comune dei Castelli Romani, la salma uno di loro, dispersa da almeno 70 anni, è stata recuperata e riportata a casa grazie al successo ottenuto da una ricerca degli archeologi dell’Alaris di Grottaferrata e dell’Archeogeos di Rocca di Papa cui l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha partecipato effettuando delle indagini di tipo geofisico.

Ne abbiamo parlato con Stefano Urbini, ricercatore INGV che ha partecipato ai rilevamenti sul campo.

Quali modalità operative vengono adottate nella ricerca delle salme dei soldati dispersi nella Seconda Guerra Mondiale e con che ruolo l’INGV ha partecipato a tali ricerche?
Solitamente, quando si effettua una ricerca delicata come quella della salma di un disperso in guerra, i primi elementi da analizzare sono documenti, testi e fotografie storiche dedicate agli scontri avvenuti sul territorio di guerra. Anche in questo caso si è partiti da lì, con un’associazione che si occupa di rintracciare i militari tedeschi dispersi in azione che si è imbattuta in alcune fotografie del volume “La battaglia di Velletri” di Paolo Carotenuto in cui, in particolare, si vedono dei soldati americani nell’atto di seppellire i resti di un soldato tedesco. L’INGV entra in gioco qui, quando per minimizzare l’entità dello scavo, che oggi risulta in piena area urbana, si è scelto di procedere con un rilievo di dettaglio attraverso una tecnica di indagine non invasiva: la tecnica GPR (Ground Penetrating Radar).

A questo proposito, come si conciliano questi scavi con il tessuto urbano attuale delle nostre città?
È senz’altro complesso, poiché oggi al di sotto del manto stradale (nel caso dello scavo di Velletri si operava sotto la centralissima Piazza Garibaldi) convivono molte strutture di servizio: dalle fogne alle tubature alle linee elettriche. Per questa ragione, laddove possibile, si opta sempre per indagini poco invasive iniziando con un meticoloso lavoro di restringimento del campo e di stima accurata del punto di sepoltura. Nel 2015 a Velletri l’INGV ha utilizzato un’antenna in grado di scandagliare con grande risoluzione i primi metri sotto il selciato, ottenendo ben 250 m di profili radar, per un totale di 25.000 tracce acquisite in un solo piccolo rettangolo di selciato (6x9 m2).

In cosa consistono esattamente le analisi dei dati GPR?
Si tratta di analisi basate sull’identificazione degli “echi di ritorno” che vengono prodotti al passaggio fra materiali caratterizzati da proprietà elettromagnetiche diverse (costante dielettrica). Maggiore è il contrasto tra i mezzi attraversati dall’onda elettromagnetica generata dall’antenna, maggiore è l’intensità dell’eco prodotto.

Quali sono state le caratteristiche del segnale che hanno catturato la vostra attenzione?
Nel nostro caso, purtroppo, uno scavo riempito con lo stesso materiale scavato generava un contrasto molto debole, mentre la presenza delle tubature di servizio metalliche generava, a sua volta, echi molto intensi disturbando, di fatto, la lettura dei segnali deboli. Per fortuna però il segnale ricercato doveva avere delle caratteristiche ben precise: essere di debole intensità e compatibile per forma e dimensioni con la buca osservata nelle fotografie, essere profondo non meno di mezzo metro e non più di un metro, largo non meno di 50 e non più di 80 centimetri e di lunghezza compresa tra 1,5 e 2 metri. Dopo un imponente lavoro speso su ogni singolo profilo, la nostra attenzione è stata catturata da un piccolo agglomerato di anomalie che rispondeva in buona parte ai criteri di ricerca impostati. Così, sulla base delle indicazioni da noi fornite, il 5 maggio 2015 la salma di quel militare tedesco è stata finalmente recuperata e, dopo 70 anni, ha potuto fare ritorno a casa.

Nella foto: comparazione tra immagini d’epoca (tratte da “La battaglia di Velletri”, Omnimedia editore) e immagini moderne di Piazza Garibaldi a Velletri. Nel riquadro rosso i punti comuni. Fonte: Blog INGV Ambiente

Link all’approfondimento sul Blog INGVambiente