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Il riscaldamento climatico ha iniziato a far sentire la sua morsa, determinando sconvolgimenti sociali, economici e, quindi, geopolitici. Nuove terre aride, mari che di anno in anno sottraggono coste disponibili alle coltivazioni, acque dolci dei fiumi che, salinizzandosi, diventano inutilizzabili per l’irrigazione dei campi, tempeste turbinose e improvvise che devastano i territori, siccità drammatiche.

Mai come oggi l’uomo si ritrova ad affrontare un problema di cui è artefice considerando che la CO2 atmosferica ha raggiunto 415 ppm, il valore più alto degli ultimi 800mila anni. Agli inizi del '900 il livello era meno di 300 ppm e dagli anni '60 in poi questo valore è stato sempre in aumento fino ad arrivare al 2016 da quando è stabilmente oltre i 400 ppm. Questi sono elementi inconfutabili per indirizzare l’umanità a cambiare politica nella produzione di energia: se anche oggi smettessimo improvvisamente di emettere gas climalteranti, alla natura occorrerebbero secoli per digerire questa alterazione chimica e riassorbire l’anidride carbonica negli oceani, nei sedimenti e nelle piante. 

La scienza, quindi, ha il dovere di proporre urgentemente fonti di energia che non comportino un gradiente climatico così repentino dalle conseguenze devastanti per l’umanità. L’Italia contribuisce con solo l’1% alle emissioni di CO2 mondiale, quindi non è un percorso di riconversione energetica che possiamo affrontare da soli. Possiamo e dobbiamo però contribuire a trovare delle soluzioni al problema. 

L’INGV è in prima linea con il progetto europeo SaveMedCoasts-2 che, negli anni, ha misurato l’impatto dei cambiamenti climatici sull’aumento del livello marino per le zone costiere del Mediterraneo. Un progetto, raccontato dal suo responsabile Marco Anzidei, che ha sensibilizzato le comunità mediterranee alla mitigazione dei rischi derivanti dagli effetti combinati dell'innalzamento del livello del mare e dell’abbassamento del suolo nei delta dei fiumi principali e nelle aree lagunari dove le attività umane, le risorse economiche e naturali sono a serio rischio di conservazione nei prossimi decenni.

L’INGV è impegnato anche nella valorizzazione della geotermia prodotta dal calore interno del pianeta. E’ una risorsa energetica che, se attivata secondo le norme internazionali di sicurezza, garantisce i necessari standard di sostenibilità ambientale. L’Italia è stata pioniera in Toscana con la geotermia, dove attualmente, nell’area di Larderello, si produce l’energia equivalente a circa un reattore nucleare.

Ospite d’onore del nostro salotto virtuale è la Professoressa Elisabetta Erba dell’Università degli Studi di Milano. Vincitrice della prestigiosa Lamarck Medal 2022, è esperta di nannofossili calcarei, attraverso i quali è possibile definire l’età delle rocce e ricostruire, nel tempo geologico, le caratteristiche degli oceani come temperatura, fertilità e salinità delle acque superficiali. Questi studi aiutano a comprendere la resilienza dell’ecosistema oceano e i risultati rappresentano un prezioso aiuto per capire quello che sta avvenendo oggi e aiutare a formulare scenari futuri.

La comprensione dei rischi naturali e la loro mitigazione per la tutela delle società è alla base dello studio dei meccanismi della terra e delle accelerazioni del suolo. In tal modo è possibile elaborare ed attuare  le migliori tecniche antisismiche che rendano le nostre comunità resilienti all’energia sismica cui sono esposte. Tali strumenti, infatti, sono fondamentali per proteggere non solo le persone ma anche il patrimonio edilizio e artistico. Analizzare e conoscere i terremoti che colpirono la Pianura Padana del 2012, di cui quest’anno ricorre il decennale, e quello che nel 1895 colpì pesantemente Firenze e l’area circostante è fondamentale per trasmettere la memoria storica di questi eventi aiutando la società ad avere maggiore consapevolezza del territorio. 

Il nostro viaggio nelle geoscienze continua con l’eruzione che ha cambiato la storia della vulcanologia. Nel 1980 una violentissima esplosione cancellò l’intero fianco del vulcano Saint Helens, nello Stato di Washington, divenendo una vera e propria leggenda per generazioni di vulcanologi. 

Il nostro itinerario si conclude in Sicilia facendo tappa alla Sezione di Palermo e al Laboratorio di Cartografia dell’Osservatorio Etneo, in prima linea nello studio vulcanologico e dei fenomeni ambientali.

Nel capoluogo siciliano la Sezione dell’INGV ha fatto del mare uno dei suoi principali oggetti di studio e ricerca. E’ sede di numerosi laboratori scientifici in cui attraverso la geochimica si osservano le profondità marine e si monitorano i fluidi idrotermali delle isole Eolie, partecipando attivamente anche alla ricerca di fonti di energia alternative.

Il Lab di Catania, invece, mappa le attività effusive e i rilievi morfo-strutturali associati alla dinamica eruttiva anche con una flotta di droni, e fotografando dall’alto le strutture offre ai ricercatori la possibilità di monitorare lo stato termico dei crateri e le fratture vulcaniche.

Un altro viaggio nel centro della Terra prima di partire per le vacanze. Buona lettura!