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Ogni volta che si verifica un terremoto o una sequenza di eventi sismici ben avvertiti dalla popolazione (succede spesso, anche se ce lo dimentichiamo in fretta) la richiesta di informazioni aumenta vertiginosamente, focalizzandosi in particolar modo sul tema della “previsione”. La comunità scientifica cerca di rispondere a queste domande con attenzione, senza liquidare il problema, indirizzando l’attenzione sulla consapevolezza delle caratteristiche di pericolosità del nostro Paese e sul rischio che ne consegue, a certe condizioni. Ricordare che costruire edifici sicuri è l'unico modo per affrontare il rischio sismico e che non sono i terremoti a far danni alle persone ma gli edifici, è diventato ormai un mantra. E’ una risposta corretta? Certamente sì. E’ una risposta sufficiente? Non del tutto, perché arrivare a costruire in modo sicuro, adeguare o migliorare sismicamente gli edifici esistenti è possibile, ma si tratta di un percorso estremamente lungo e complesso. E’ un processo che dipende dalla consapevolezza del rischio, percepito non come qualcosa che incombe misteriosamente sul contesto in cui viviamo, ma come un carattere del nostro territorio, esattamente come lo sono tutti gli aspetti che ce lo rendono ospitale (la bellezza del paesaggio, il clima, ecc.), e dalla capacità, delle nostre comunità di fare scelte mirate per la riduzione di quel rischio. Anche il comportamento corretto in emergenza, il sapere come comportarsi dipende dal prima, dal molto prima. Quello che facciamo o non facciamo, in emergenza o meno, come ci comportiamo non è determinato da ciò che sappiamo di dover fare, ma da un bagaglio di conoscenze profonde, che fanno parte della nostra… educazione. Educazione, per l’appunto. Alla stessa conclusione arriva, qualche anno fa (dopo i terremoti emiliani del 2012, discutendo della vicenda aquilana), e lo esprime con grande lucidità, Nicola Nosengo in un suo articolo pubblicato il 23 ottobre 2012 sul blog Scienza in Rete http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/tanti-errori-sul-terremoto-dellaquila:

“[…] non basta dire che i veri responsabili sono quelli che hanno costruito le case. É vero, ma non è tutta la verità. Come può confermare il primo giapponese fermato per strada, la preparazione [al terremoto, n.d.r.] ha due gambe, ugualmente importanti: l'edilizia antisismica e l'educazione al rischio dei cittadini […]”).

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“Sull’educazione al rischio”, afferma Romano Camassi, responsabile del progetto EDURISK, “lavora da quasi quindici anni l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) con il progetto EDURISK (www.edurisk.it) sostenuto dal Dipartimento della Protezione Civile (DPC) e realizzato con il contributo di esperti nei settori della progettazione educativa, editoriale, della comunicazione, della produzione multimediale, ecc.”. La storia del progetto, i suoi numeri, i materiali di comunicazione e formazione realizzati, i percorsi educativi attivati in quasi tutte le regioni italiane, dal Friuli alla Sicilia, sono oggi raccontati da una corposa Time Line (http://www.edurisk.it/progetto/) del nuovo sito web. Impossibile raccontare quanto è stato realizzato in questi anni (vedi il volume della Miscellanea INGV) dalle migliaia di insegnanti che negli anni hanno sviluppato un percorso educativo sul rischio nelle classi, coinvolgendo oltre 70.000 studenti. “Basti ricordare un paio di dettagli importanti, non noti ai più. EDURISK ha iniziato a lavorare nel 2002 in tre aree campione scelte per le loro caratteristiche di pericolosità e rischio (Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna, Calabria), ha lavorato, e ancora lo fa, sia per rispondere a richieste specifiche di amministrazioni locali, sia sollecitando progetti in zone critiche. Così è arrivato a partire dal 2008 a L’Aquila (una trentina di insegnanti, circa 800 studenti di scuole del capoluogo), prima del terremoto del 2009, e ben prima dei terremoti del 2012 nel ferrarese e nel modenese”, dice ancora Camassi. L’impegno a promuovere condivisione di conoscenze, sensibilizzare le persone al tema del rischio e promuovere iniziative di formazione che rendano le realtà locali sensibili e attive sul tema del rischio non può essere iniziativa estemporanea che insegue l’attualità, ma deve essere parte di un percorso di lavoro paziente e ininterrotto, perché alla base c’è un obiettivo ambizioso: produrre cambiamento sociale. Per questo EDURISK lavora senza enfasi, con pazienza e costanza, con il contributo di competenze cresciute negli anni.

“Oggi”, conclude Camassi, “EDURISK non è più quello che solitamente si intende per ‘progetto’: non ha un finanziamento specifico, non ha una durata. É semplicemente lo spazio di lavoro sulla progettazione educativa per le scuole nell’ambito della programmazione delle attività di informazione, formazione e comunicazione dell’Accordo Quadro DPC-INGV. Per questo la progettazione educativa si sviluppa in collegamento molto stretto con le principali attività di quella programmazione, in particolare le campagne nazionali “Io Non Rischio” . I principali progetti attualmente in corso interessano l’area vesuviana e flegrea (sul rischio vulcanico), il trevigiano e la Romagna, mentre è in corso l’attivazione di alcuni progetti importanti in aree del tutto nuove”.