spazio vuoto logo alto

ICONA Facebook    ICONA Youtube666666   ICONA Flickr666666   ICONA Youtube666666   INGV ICONE social 07   INGV ICONE social 06   ICONA Facebookr999999

DeAstis

I vulcani, da sempre, affascinano e spaventano l’uomo. Il fenomeno naturale delle eruzioni, infatti, è di bellezza assoluta, violenta, e se è vero che l'incommensurabile potere che il nostro Pianeta nasconde nelle sue viscere ipnotizza l'occhio umano, è anche vero che suscita grande timore, in quanto può essere molto distruttivo. La montagna che collega le profondità della Terra devastando, fertilizzando e rigenerando è stata oggetto di rappresentazione artistica sin dalla notte dei tempi, diventando anche fonte di ispirazione cinematografica. Per approfondire la relazione tra i Vulcani e la Settima Arte abbiamo intervistato Gianfilippo De Astis, vulcanologo dell’INGV appassionato di cinema, che ci ha fatto un quadro delle produzioni cinematografiche nazionali e internazionali sul tema.

Tra i generi cinematografici ispirati dai vulcani spiccano i disaster movie. Quali sono secondo te i film che hanno fatto la storia di questo genere?

Il campo delle relazioni tra vulcani e cinema è veramente ampio. Quando parliamo di disaster movie non possiamo non menzionare i grandi classici come Dante's Peak - La furia della montagna, un film del 1997 diretto da Roger Donaldson e interpretato da Pierce Brosnan e Linda Hamilton, dove in una piccola città americana scoppia un vulcano addormentato, cogliendo i suoi abitanti quasi di sorpresa. Anche Vulcano - Los Angeles 1997, film dello stesso anno diretto da Mick Jackson, rientra nella categoria. In questo film, con Tommy Lee Jones e Anne Heche, l'eruzione avviene nel centro di Los Angeles. Mi vengono poi in mente St. Helens e Joe Versus the Volcano: il primo è un film del 1981, uscito un anno dopo che l’eruzione del St. Helens del 1980 aveva colpito lo Stato di Washington, negli Stati Uniti, mentre il secondo è un film del 1990 diretto da John Patrick Shanley e interpretato da Tom Hanks e Meg Ryan, dove vengono usati gli elementi del classico cinema d'avventura per mettere in scena un discorso sull'alienazione dell'uomo moderno. Voglio inoltre ricordare un film molto importante che racconta le relazioni tra comunità e vulcano, anche se, in questo caso, nel contesto di un film thriller: Il diavolo alle 4. Uscito nel 1961, è un film diretto da M. LeRoy che racconta la storia di un prete che per proteggere e salvare un gruppo di bambini da un’eruzione vulcanica chiede l’aiuto di tre (riluttanti) banditi… Afflitto da effetti speciali piuttosto scadenti, il film si conclude con un’eruzione esplosiva che distrugge totalmente l’isola su cui si svolge. A mio parere questo film è significativo perché, nella (troppo) prolungata attesa dell’evento, almeno ha alcuni passaggi abbastanza schietti su quelle dinamiche etiche e morali che si affrontano quando l’uomo ha di fronte una natura “cattiva”, in questo caso il vulcano. 

Ci sono poi i documentari. Da vulcanologo, quali sono secondo te gli “imperdibili”?

Sono stati prodotti tantissimi documentari ma secondo me ce ne sono due che è impossibile non citare, entrambi di Werner Herzog. Il primo è La Soufrière – In attesa di una catastrofe inevitabile, documentario del 1977 diretto da un giovane Herzog. Nel 1976, il vulcano La Grande Soufrière aveva fatto registrare una crescente attività e nell’imminenza di un’eruzione che sembrava annunciata, l’isola di Guadalupa, nelle Antille francesi, venne evacuata. Alla notizia che un contadino si rifiutava di lasciare l'isola nonostante il pericolo, Herzog partì con la sua troupe per ascoltare le ragioni dell’uomo e documentare questa “anomala” posizione resiliente su pellicola. Veniva realizzato così uno dei film più rischiosi del regista tedesco che va incontro alla potenza primordiale della natura, anche se la prevista eruzione catastrofica non ebbe luogo. Poi c’è Into the Inferno, altro documentario del regista tedesco, summa delle sue varie riprese nel mondo, dall'Australia all'Indonesia, dalla Corea del Nord all'Islanda, alla ricerca dei vulcani più impressionanti per raccontarli da un punto di vista scientifico ma anche nella loro dimensione magica e nel rapporto con le comunità. Anche in questo caso si conferma lo stile del regista da sempre interessato ad esplorare alcuni elementi essenziali della sfida tra uomo e natura, i suoi limiti e i suoi sentieri impossibili: Herzog, regista visionario e filosofico per antonomasia, va quindi oltre l’osservazione puramente documentaristica del fuoco e dei vulcani con le loro mille, imprevedibili angolazioni.

E in Italia? Quali sono per te i film nazionali più significativi “sui” vulcani?

In Italia c’è un bel filone di film ambientati o che fanno riferimento ai vulcani. Tra questi ricordo la produzione di Nanni Moretti, Caro diario, dove nel secondo episodio, Le isole, Moretti è in viaggio alle Eolie, in fuga dalla frenesia della vita cittadina. Anche La meglio gioventù vede tra le ambientazioni Stromboli. Il film, del 2003, è diretto da Marco Tullio Giordana e racconta trentasette anni di storia italiana, dall'estate del 1966 fino alla primavera del 2003, attraverso le vicende di una famiglia della piccola borghesia romana.

Poi ci sono i grandi film degli anni Cinquanta: Stromboli Terra di Dio, prodotto e diretto da Roberto Rossellini, con Ingrid Bergman e Vulcano, diretto dal regista William Dieterle, con Anna Magnani. Dietro ai due film la contrapposizione tra le due star dell’epoca che si contendevano il famoso regista del neorealismo italiano, la cui spinta artistica era stata ravvivata dall’arrivo della Bergman in Italia nel 1949 e con cui la Magnani aveva avuto fino a poco tempo prima una relazione durata oltre quattro anni.

Stromboli Terra di Dio, come ci dicevi, è frutto di un sodalizio tra il grande Rossellini e Ingrid Bergman. Come nasce questo film? 

Nella primavera del 1947, la Bergman scrisse a Roberto Rossellini una famosa lettera: «Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un’attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo ti amo, sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei» Rossellini rispose a quella lettera circa un anno dopo, e nel 1949 il sodalizio, destinato a diventare storia d’amore, prese vita nel progetto “Stromboli, terra di Dio”. Le riprese durarono dal 10 aprile al 2 agosto del 1949 e videro il coinvolgimento di molti abitanti dell’isola, fra cui lo stesso protagonista maschile, Mario Vitale, inizialmente ingaggiato dalla produzione come manovale. Cronache e testi raccontano che fu una delle ricorrenti eruzioni del vulcano a fornire a Rossellini alcuni spunti per arricchire il copione con idee e appunti scritti giornalmente su un bloc-notes. Sicché il film non scaturì da una sceneggiatura scritta in città, ma da idee elaborate in loco e tradotte “in corso d’opera”. Le immagini del vulcano sono autentiche e sono state riprese in prossimità dei crateri. Da vulcanologo apprezzo molto questo aspetto: Rossellini si è impegnato con i mezzi limitati del tempo a portare le troupe in giro per Stromboli, al fine di mostrare gli effetti reali di una eruzione.

E Vulcano, invece?

Anna Magnani cercò la vendetta nei confronti del suo ex-partner, proprio girando Vulcano, film diretto da William Dieterle, uno dei tanti registi-artisti tedeschi fuggiti a Hollywood a causa del nazismo. La trama è costruita intorno alla magnifica interpretazione della Magnani, che impersona una prostituta di lungo corso rispedita dalle Autorità sulla sua isola natia dove ritrova la sorella minore, donna semplice e pura, insidiata da un losco individuo, impersonato da Rossano Brazzi, altro famoso attore italiano dell’epoca. A fare da sfondo ai due film, i due piccoli vulcani attivi di Stromboli e Vulcano, sperduti nel Tirreno Meridionale e colpiti da un feroce spopolamento a causa di vicissitudini vulcanologiche, le eruzioni del 1919 e 1930 nel primo caso e quella del 1888-1890 nel secondo, e dalla mancanza di lavoro e di risorse. Due isole che, dopo decenni di abbandono, tornarono finalmente a vivere anche grazie alla rivalità fra le protagoniste dei due film e ai successivi reportage internazionali poiché l’interesse della stampa di mezzo mondo fu così forte da inviare famosi reporter alla ricerca di esclusive piccanti e scoop scandalistici. La curiosità divenne talmente “parossistica”, forse più della terribile eruzione di Stromboli del 1930, che i registi imposero alle due isole un regime ristretto di accessi ai giornalisti e di diffusione delle notizie anche da parte dei semplici componenti delle troupe al lavoro. 

E per quanto riguarda il Vesuvio e i Campi Flegrei?

Sia il Vesuvio sia i Campi Flegrei sono stati teatro di numerosi film. Pensando ai Campi Flegrei mi viene in mente il film di Carlo Ludovico Bragaglia 47 il morto che parla, del 1950. I notabili del paesino del ricchissimo e avaro barone Antonio Peletti, interpretato da Totò, conducono l’avaro compaesano presso la Solfatara a Pozzuoli per fargli credere di essere morto e di trovarsi all'inferno, al fine di sottrargli oro e preziosi. L'ambientazione nel cratere flegreo, con le diffuse emissioni, ha reso la scena verosimile e suggestiva. Il Vesuvio è protagonista, con l’eruzione del 79 d.C., di uno dei primissimi film girati in Italia, Gli ultimi giorni di Pompei. Film muto del 1908, è stato diretto da Arturo Ambrosio e Luigi Maggi e in circa 13 minuti racconta il giorno dell’eruzione di Pompei, raccontato anche dal film contemporaneo Pompeii, diretto da Paul W. S. Anderson e con protagonista Kit Harington. 

Quali sono, secondo te, i generi che raccontano nella maniera più reale il vulcano come sistema naturale? E come trovi le rappresentazioni del cinema contemporaneo? 

Oltre ai documentari, il cui obiettivo è quello di riprodurre quanto più fedelmente la realtà del fenomeno naturale, Il vulcano come sistema naturale viene meglio catturato da alcuni generi in particolare come i disaster movie di cui abbiamo parlato. In ambito di rappresentazioni di eruzioni vulcaniche sono stati fatti grandi progressi, però non sono mai veramente soddisfatto da queste ricostruzioni; se ripenso a Viaggio al centro della Terra, film in 3D del 2008, diretto da Eric Brevigdel, mi vengono in mente una serie di forzature dal punto di vista della rappresentazione del fenomeno vulcanico che in alcuni casi vanno bene ma in molti altri sono esagerate: a volte si calca la mano su certi aspetti che non sono per nulla aderenti a quelli scientifici. A mio avviso oggi alcune riproduzioni sono veritiere, come quelle sui flussi piroclastici, rappresentati con una certa fedeltà anche grazie alle numerose immagini che circolano in rete e sui media. Tuttavia quello che avviene “prima” e “dopo” l’eruzione si potrebbe raccontare meglio, in maniera più verosimile. Spesso, infatti, il fenomeno è, giustamente per l’entertainment, molto spettacolarizzato solo su alcuni specifici aspetti ma ne tralascia altri che darebbero più senso e realismo alla rappresentazione.

Per approfondimenti:

https://ingvvulcani.wordpress.com/2018/11/05/isole-eolie-anni-cinquanta-dopo-il-melodramma-a-stromboli-e-vulcano-riesplode-la-vita/

https://ingvvulcani.wordpress.com/2018/07/20/stromboli-e-vulcano-il-cinema-neorealista-tra-eruzioni-e-dive-cinematografiche/