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Dallo scorso settembre la rompighiaccio Polarstern è in viaggio per la più grande spedizione polare di tutti i tempi nell’Artico centrale: stiamo parlando di Mosaic, la missione condotta al fine di migliorare la precisione dei modelli scientifici sullo scioglimento dei ghiacci e sul cambiamento climatico. Per organizzare la spedizione, che vede coinvolti circa 600 ricercatori ed è resa particolarmente complessa dall’ambiente artico, è stata necessaria una pianificazione accurata e flessibile, risultata vincente anche alla luce del Covid19. Per saperne di più abbiamo intervistato Ingrid Hunstad, ricercatrice dell’INGV, che si occupa di studi sull’atmosfera, in particolare quella polare, e cura con il collega Giovanni Muscari “Finestra sull’Artide”, la rubrica dedicata all'impatto del cambiamento climatico sull'Artico all’interno del blog INGVambiente.

hunstadMosaic è un prestigioso progetto scientifico internazionale, qual è il suo obiettivo?

Il progetto MOSAiC, acronimo di Multidisciplinary drifting Observatory for the Study of Arctic Climate – Osservatorio Multidisciplinare alla deriva per lo Studio del Clima Artico, è nato con l’obiettivo di contribuire alla conoscenza del sistema climatico del nostro Pianeta attraverso la raccolta e l’inclusione dei dati di una delle regioni più remote e ostili della Terra. Si tratta di un progetto molto importante perché il problema del climate change è veramente urgente e nell'Artico ha degli effetti quasi doppi rispetto al resto del pianeta: la rapidità con cui stanno aumentando le temperature, con il conseguente rapido scioglimento del ghiaccio marino, influenza pesantemente il clima su scala globale. Il Polo Nord, inoltre, a differenza del Polo Sud dove moltissimi stati hanno le loro basi, non è un continente, c’è solo ghiaccio ed è essenzialmente abitato dagli orsi polari. Questa è la ragione per cui prima di Mosaic non sono mai stati effettuati degli studi su temperatura, umidità o sulle forme di vita presenti in questa zona.

Quando è iniziata la spedizione e quanto durerà?

La rompighiaccio Polarstern è salpata dal porto di Tromsø in Norvegia, al di sopra del circolo polare, lo scorso 20 settembre e la missione durerà all’incirca un anno.

Quanti ricercatori partecipano alla missione?

Prendono parte alla missione circa seicento partecipanti suddivisi in turnazioni di due, tre mesi. Il team sulla Polarstern è necessariamente multidisciplinare: ci sono ricercatori, tecnici, informatici, ma anche guide polari. Queste ultime sono molto importanti perché il pack artico è abitato dagli orsi, quindi ogni volta che i ricercatori scendono dalla nave per effettuare le misurazioni l’incontro è possibile. Per questo sono necessarie persone che sappiano cosa fare, in grado di allontanare gli orsi in sicurezza. L’intera missione è stata concepita in modo tale da avere impatto zero sull’ambiente circostante. C’è, infatti, anche chi si occupa dei rifiuti, perché ovviamente nulla viene abbandonato in quei luoghi. Anche il gasolio residuo della nave viene sottoposto a un processo di purificazione, così come le acque di raffreddamento del motore prima di essere reimmesse nell’oceano.

Qual è il tragitto previsto della Polarstern?

La Polarstern, come ho detto, è salpata dal nord della Norvegia e si è diretta verso nord - est per seguire poi le correnti marine con l’obiettivo di arrivare il più vicino possibile al Polo Nord. La nave, verso ottobre, ha spento i motori di propulsione lasciando accesi solo i motori necessari per la vita a bordo e s'è lasciata incastrare dai ghiacci alla latitudine di 85 gradi, percorrendo circa sette chilometri al giorno. Da allora va alla deriva insieme ai ghiacci, che viaggiano da est verso ovest, e così continuerà a fare fino alla fine della spedizione, prevista per il prossimo settembre. Secondo la tabella di marcia a giugno la Polarstern dovrebbe essere al di fuori della parte di ghiaccio più spessa e diretta verso le Svalbard, dove si concluderà la missione. Per le stime fatte sulle correnti marine e la deriva del ghiaccio, infatti, è probabile che quando la spedizione sarà giunta al termine la nave si troverà nello Stretto di Fram tra la Groenlandia e le Svalbard.

Quali sono le attività dei ricercatori a bordo?

Le attività sono molte ma non si svolgono solo a bordo, alcuni campi infatti possono sorgere anche a diversi chilometri dalla Polarstern. Si tratta di piccoli laboratori dove vengono effettuate estrazioni e misurazioni, con la difficoltà aggiuntiva di trovarsi in continuo movimento sui ghiacci. Il laboratorio di studio del ghiaccio marino, per esempio, prevede operazioni di foraggio del ghiaccio al fine di mandare giù una telecamera, così da osservare la vita nel mare in pieno inverno, cioè nelle condizioni più estreme. Sono ancora tante le risposte da trovare e una riguarda proprio l'ecosistema: come fanno le alghe a sopravvivere alla lunghissima notte polare? Riescono a fare la fotosintesi attraverso la luce lunare? Il ghiaccio marino, inoltre, è un elemento centrale del clima e dell’ecosistema artico. Per la prima volta si potranno monitorare i cambiamenti nel ghiaccio durante il passaggio autunno-inverno-primavera. I cambiamenti climatici stanno trasformando il ghiaccio marino: oggi è più sottile e più incline alla deriva rispetto al ghiaccio spesso diversi metri che si forma e si accumula un inverno dopo l’altro. I ricercatori svolgono anche studi sull’interazione tra questo ghiaccio e l’oceano: quest’ultimo, in profondità, è piuttosto caldo rispetto all'esterno, di almeno di 50 gradi, e il contatto fra questi due mondi così diversi è proprio questo sottile strato di ghiaccio!

In che misura questo ghiaccio ci protegge dal surriscaldamento globale del pianeta?

L ’omogeneità di questo ghiaccio è molto importante. Se si spacca, i vapori e il relativo calore dell’acqua, che non è mai più fredda di -2°, si dirigono verso l'atmosfera, con la conseguente formazione di nuvole. Anche queste ultime sono oggetto di indagine nella missione: per comprendere come sono fatte sono stati liberati in atmosfera, fino a circa 35 chilometri, dei palloni muniti di sensori. Il progetto punta ad unire tutti questi pezzetti di puzzle che fino ad oggi mancavano al fine di integrare gli attuali modelli disponibili di climate change. È assolutamente importante spiegare per quale motivo si verifica la così detta “amplificazione artica” ovvero un surriscaldamento nell’Artico molto superiore a quello che sta avvenendo in altre regioni del pianeta. Questo per capire dove stiamo andando, quale sarà il clima del futuro ma soprattutto per fornire alla politica, quindi a chi dovrà prendere delle decisioni, delle precise indicazioni su come evitare che questo riscaldamento acceleri troppo.

Torniamo alla missione: perché farsi trasportare dai ghiacci?

Perché questo è l'unico modo per essere lì nel pieno inverno, quando il ghiaccio è troppo spesso per essere spaccato perfino dalle rompighiaccio più sofisticate e robuste: non c’è altra possibilità che lasciarsi intrappolare dei ghiacci all'inizio dell'inverno, a settembre, e farsi trasportare dalle correnti marine. Chiaramente ciò comporta una logistica estremamente complessa.

Di che genere di complessità parliamo? 

Gli elementi di complessità in situazioni così estreme sono molti. Tra questi, il cambio di turno, di ricercatori, tecnici ed equipaggio, e i rifornimenti di cibo e gasolio. Inizialmente il Progetto prevedeva l’utilizzo di due rompighiaccio particolarmente robuste, una russa e l’altra svedese che hanno raggiunto la Polarstern a febbraio. A causa delle particolari condizioni sono stati messi a punto più piani di azione, in un'ottica di elevata flessibilità. D’altronde nessuno era stato a quella latitudine per così tanto tempo durante l'inverno. Per quanto accurata, la pianificazione non aveva valutato l’opzione pandemia. Il Covid19, infatti, ha comportato una serie di problematiche ma nonostante ciò si è riusciti comunque a organizzare i rifornimenti.

Qual è stato l’impatto del Covid19 sulla missione?

Il Covid19 ha rivoluzionato molto la logistica della missione. Una delle opzioni per fare rifornimenti prevedeva l’utilizzo di piccoli aerei che avrebbero raggiunto la nave ma uno dei componenti dell’equipaggio in partenza è risultato positivo al virus: ciò ha determinato l’abbandono della missione di volo. La Norvegia ha poi chiuso le frontiere per evitare contagi e anche il decollo per il volo di linea che avrebbe consentito il cambio turno non poteva essere effettuato, poiché non era possibile arrivare alle Svalbard. Fortunatamente in fase di progettazione erano state previste scorte che sarebbero bastate fino al mese di giugno. Alla fine il cambio turno avverrà a breve grazie a due rompighiaccio tedesche, partite con tutti i rifornimenti da Bremen, in Germania, e dirette a nord delle Svalbard dove si incontreranno con la Polarstern che è uscita faticosamente dai ghiacci primaverili. Il personale è stato sottoposto alla quarantena prima di partire e l’incontro è stato organizzato in mare aperto. Dopo aver caricato i rifornimenti torneranno a nord per riprendere gli esperimenti. 

È possibile “seguire” la missione?

Sì! sul Blog della missione è possibile visualizzare la posizione della nave e rimanere aggiornati sulle attività in corso, un vero e proprio diario di bordo virtuale a cui chiunque può accedere! Oltre alla mappa sono presenti immagini e articoli postati dai componenti del team: tra le foto ce n’è una in particolare, scattata da Esther Horvath, vincitrice del World Press Photo Award. Lo scatto riprende una mamma orso che esplora con il suo cucciolo un campo di ricerca!

 

Link all'approfondimento sul Blog