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Carta d’identità
Nome: Lucilla Alfonsi
Anni: 47
Qualifica: Ricercatore III Livello
Sede: Roma
Campo di attività: Fisica dell’Alta Atmosfera e relazioni Sole-Terra
Colore preferito: verde
 

 

 

Never give up potrebbe essere il motto che accompagna la vita di Lucilla Alfonsi. Cresciuta nei mitici anni ’80, anche lei è stata avvolta dal dualismo Simon Le Bon/Tony Hadley. Chi preferiva dei due resta un mistero ma in compenso abbiamo scoperto tanto della sua vita professionale e privata. Volete sapere chi è Lucilla? Una donna piena di tenacia che ha affrontato la vita come si affronta una gara di nuoto, la sua passione principale: ogni bracciata è volta ad arrivare al traguardo e a superare gli ostacoli della vita.

Cosa o chi ti ha avvicinata al mondo della Fisica e in particolare allo studio dell’alta atmosfera? 

Il mio formidabile Professore di Liceo di Matematica e Fisica che, con la sua aria stralunata da sognatore, mi ha fatto capire quanto potesse essere creativo fare scienza. Alla fine dell’Università è stato il Professor Dominici (ex Direttore dell’allora ING) a consigliarmi di fare una tesi sulla ionosfera.

Da bambina cosa sognavi di diventare “da grande”?

Sarà banale ma sognavo di fare l’astronauta! In età adulta ci ho anche provato, ma senza successo. In ogni caso sono sempre stata una bambina curiosa che amava scoprire cose nuove.

Che materie ti appassionavano a scuola?

Tutte, ero assetata di cose nuove (e lo sono tuttora). In particolare amavo la logica, la fisica, la letteratura e le lingue straniere.

C’è stato un “mito” di riferimento a cui ti sei ispirata?

La mia Professoressa di Inglese era una persona assai singolare, un po’ simile al Professore del film L’Attimo Fuggente. Una promotrice di metodi alternativi di apprendimento e una persona capace di entrare in empatia con i suoi studenti.

Che ricordi hai del tuo periodo universitario?

Ho ricordi buoni e meno buoni. Da studentessa modello al Liceo, mi sono ritrovata all’Università circondata da studenti più talentuosi di me. Tuttavia ho accettato la sfida e ne sono uscita positivamente.

Come hai affrontato le difficoltà che tutti incontrano nel proprio percorso universitario?

A tre esami dalla Laurea ho avuto una crisi che mi ha portato a credere di non essere in grado di laurearmi. In quel periodo ho deciso di interrompere gli studi e di mettermi a lavorare. I riconoscimenti ottenuti in ambito lavorativo mi hanno dato una nuova iniezione di fiducia e, così, ho ripreso gli studi da dove avevo lasciato e mi sono laureata. 

Che consiglio daresti a chi in questo momento si trova in una situazione come quella che hai vissuto?

Consiglierei di cambiare punto di vista, magari spostando l’attenzione su altre cose, per poi rivalutare la situazione. In base alla mia esperienza "sconfitta" non vuol dire "fallimento", ma può essere un’occasione per fermarsi e riflettere.

Il momento più emozionante della tua carriera?

Ho la fortuna di fare un lavoro che offre tante emozioni. L’ultima che ricordo è recentissima e si riferisce all’ampio consenso ricevuto alle elezioni dei componenti interni del Consiglio Scientifico dell’INGV.

Invece il momento più emozionante nella tua vita privata?

Innamorarmi del mio compagno.

E lui come “vive” i tuoi numerosi impegni lavorativi, che spesso ti portano all’estero?

È molto supportivo, anche se nei periodi in cui mi trovo a partire più spesso fa trapelare un po’ di sofferenza.

È difficile conciliare il lavoro di ricercatrice con la vita privata?

A volte, ma mantenere un equilibrio credo sia sano per sé stessi e per i propri cari. Il pericolo più grande è farsi travolgere dalla passione che noi ricercatori abbiamo per il nostro lavoro, trascurando gli affetti.

Cosa pensi che saresti diventata se non avessi fatto la ricercatrice?

Forse avvocato, per la parlantina e il bisogno di giustizia. Ma non credo sarei mai riuscita a laurearmi: la facoltà di Giurisprudenza prevede uno studio troppo nozionistico per le mie capacità.

Da quanto tempo sei all’INGV?

Dal 1998, come tesista in Fisica dell’Alta Atmosfera sotto la formidabile guida di Giorgiana De Franceschi.

Qual è la prima cosa che fai quando torni a casa?

Preparo la cena, mentre chiacchiero con il mio compagno della nostra giornata appena trascorsa.

Qual è, secondo te, la scoperta scientifica che cambierebbe la storia della fisica?

Nell’ambito geofisico sarebbe sicuramente la scoperta di precursori sismici, in grado di predire univocamente magnitudo, luogo e tempo dei terremoti. Per quanto riguarda le materie più vicine alle mie competenze penso che l’esplorazione dello spazio che circonda il Sole sia fondamentale per comprendere l’andamento della vita sulla Terra (compreso il cosiddetto cambiamento globale).

Cosa ne pensi dei cambiamenti climatici? Pensi che ci sia un allarmismo diffuso oppure è una preoccupazione reale?

Seguo con molta attenzione gli avanzamenti scientifici in questo campo. Pur non essendo esperta del settore mi sembra evidente che la velocità con la quale i cambiamenti climatici stanno avvenendo sia quantomeno anomala e degna della massima attenzione. 

Una città che hai visitato che ti è rimasta nel cuore e una in cui hai sempre sognato di trasferirti?

Trovo Barcellona una città magica con un’atmosfera cosmopolita e non mi dispiacerebbe viverci, anche se sono affezionatissima alla mia Roma.

Quali sono stati i tuoi viaggi più belli?

I viaggi in mezzo alla natura: l’Antartide, il Sud Africa, l’Australia.

Cosa ti sarebbe piaciuto scoprire, tra le scoperte del passato?

Vorrei aver aperto la frontiera delle comunicazioni radio senza fili (oggi si direbbe wireless). L’invenzione della radio e la scoperta della riflessione delle onde elettromagnetiche in ionosfera sono state riconosciute con i premi Nobel di Marconi e di Appleton e hanno aperto anche alle tecniche radar.

Come stai affrontando questo periodo di pandemia da Coronavirus?

Cercando di applicare i metodi appresi durante la mia formazione per comprendere la quantità enorme di informazione che ci arriva. Una buona base scientifica è sicuramente di aiuto per non credere alle fake news e mantenere la calma. 

L’annullamento dei viaggi di lavoro e la mancanza di distrazioni che si hanno in ufficio aiuta sicuramente la concentrazione. Tuttavia, essendo abituata a lavorare in gruppo, soffro l’isolamento dai colleghi. 

Qual è il tuo X-Factor?

Credo che sia la positività: cerco sempre di essere costruttiva anche nella critica e credo fermamente nella potenza di un sorriso per far dialogare le persone in modo fruttuoso.

Ti piace lo sport?

Moltissimo, direi che ne sono dipendente.

Ne hai mai praticato qualcuno?

Ho praticato nuoto e nuoto sincronizzato a livello agonistico. Pratico tuttora nuoto e allenamento funzionale.

C’è qualcosa che ti mette ansia?

La mancanza di dialogo e di confronto tra le persone.

Ti capita spesso di affrontare queste situazioni? Come cerchi di intervenire in quei casi?

Purtroppo capita abbastanza di frequente. Quando succede cerco di proporre un diverso punto di vista allo scopo di facilitare una discussione costruttiva delle diverse opinioni in campo.

Ascolti musica?

Sì.

Qual è il tuo genere preferito?

Mi piacciono generi diversi, ma fra tutti preferisco il rock.

Quali sono gli artisti o gruppi musicali con cui sei cresciuta e quali continui ad ascoltare oggi?

Essendo stata adolescente negli anni ’80 amavo i gruppi pop dell’epoca, i Duran Duran e gli Spandau Ballet, soprattutto. In quel periodo ascoltavo anche molto Vasco Rossi, che continuo ad ascoltare con grande piacere.

Libro preferito?

Leggo molto e rimango sempre incantata dall’ultimo. In questo momento quindi direi “Eleanor Oliphant sta benissimo” di Gail Honeyman.

Se dovessi ricordare un tuo “primo giorno” quale ricorderesti?

Il primo giorno che ho conosciuto la mia relatrice, la Dottoressa Giorgiana De Franceschi. Lei mi ha fatto venire voglia di fare questo mestiere, scardinando nella mia mente i luoghi comuni che vogliono i ricercatori dei disadattati tristi e noiosi. 

Perché secondo te esiste questo luogo comune? Qual è la tua esperienza con i colleghi che hai incontrato nella vita professionale?

Credo che il luogo comune venga dalla mancanza di conoscenza: le persone che non fanno il nostro mestiere non sanno bene cosa facciamo noi ricercatori. Io ho incontrato tanti colleghi che sono fuori dagli schemi del luogo comune e, quando ho l’occasione di fare divulgazione scientifica, cerco sempre di far passare il messaggio che la scienza è creativa e non noiosa.

Cosa fai quando non fai la ricercatrice?

Mi piace stare all’aria aperta a fare sport e a scoprire il mondo sia vicino che lontano. Mi piace molto cucinare e fare giardinaggio.

Hai un posto del cuore?

Sì, la mia casa di famiglia al mare, a San Felice Circeo. Lì ho tutti i miei bellissimi ricordi legati all’infanzia e all’adolescenza. 

La tua maggior fortuna?

Aver avuto una famiglia che mi ha insegnato ad amare con l’esempio.

Un esempio? 

I miei genitori si sono amati tutta la vita e hanno persino lavorato insieme! Una prova di amore più grande non mi viene in mente!

Ti hanno sempre sostenuta nelle scelte più importanti della tua vita?

Sì, sono sempre stati supportivi e rispettosi delle mie scelte, anche quando chiaramente non le condividevano.

Nella tua valigia non può mai mancare?

Le mie creme per il viso.

In cucina sei più da dolce o da salato?

Da dolce, ma non disdegno neanche il salato. Sono una buona forchetta.

Piatto preferito?

Spaghetti con le vongole (magari in riva al mare!).

Ti piace cucinare?

Sì, molto. Mi rilassa e mi permette di far capire ai miei ospiti quanto tengo a loro.

Loro quindi tengono a te immagino… Nel senso che la tua cucina è apprezzata...

Sì, sembra proprio che la mia cucina sia apprezzata.

Una cosa che hai capito “da grande”?

Che le sconfitte sono molto più dense di insegnamenti.

Credi di aver subito molte sconfitte? Vuoi raccontarmene una in particolare e dirmi quali insegnamenti ne hai tratto?

Non molte, ma alcune sono state anche pesanti da gestire. Dalla mia “quasi” mancata laurea, prendendomi una pausa dallo studio per lavorare, ho tratto un arricchimento in termini di esperienze e di conoscenze di realtà che non mi appartenevano. È un’eredità che mi è tuttora utile per entrare in empatia con le persone che incontro sia per motivi personali che professionali.

Cosa conservi della tua infanzia?

La voglia di giocare per non perdere il sorriso.

Ultima domanda: qual è la canzone che non smetteresti mai di ascoltare?

“Un senso” di Vasco Rossi.