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vita da ricercatore articolo1Carta d’identità
Nome: Francesco Visini
Anni: più di 40, molto meno di 50 però!
Qualifica: ricercatore
Sede: INGV L'Aquila
Campo di attività: pericolosità sismica
Motto della vita: take it easy
Colore preferito: ambra
 
Dallo sport alla ricerca scientifica, passando per la musica, meglio se ascoltata in buona compagnia e sorseggiando una birra ambrata, la vita di Francesco Visini, ricercatore abruzzese che lavora presso la sede de L'Aquila dell'INGV è piena di passioni. Giovane padre che ama girare il mondo con la famiglia, in questa intervista ci svela i dettagli della sua rocambolesca “vita da ricercatore”.

Cosa o chi ti ha indirizzato verso il tuo campo di attività?

A dirla tutta una serie di eventi. Il mio professore di Scienze delle superiori, Enzo Pellegrini (che se mai dovesse leggere questa newsletter spero si ricordi di me), mi ha fatto appassionare alle Scienze della Terra, un po’ meno alla chimica. Poi a 18 anni non avevo le idee molto chiare, ho scelto Geologia, ma ero indeciso anche tra Matematica e Fisica. La sequenza sismica di Colfiorito mi ha “svegliato”, da lì non ho più smesso di studiare i terremoti.

E nei sogni di bambino come ti immaginavi?

Ho passato varie fasi, alcune comuni a tutti immagino, altre forse meno: astronauta, parrucchiere, calciatore.

Ed oggi, qual è la cosa che più ti affascina tra una stella cadente, il ciuffo sempre impeccabile di Ronaldo e un gol di rovesciata con il piede non dominante?

Quasi a pari merito il ciuffo di Ronaldo e il gol in rovesciata… però scelgo il ciuffo di Ronaldo perché sono Juventino.

C’è stato un mito di riferimento a cui ti sei ispirato?

No, ma nutro una certa ammirazione per chi difende con coraggio i diritti umani, penso ad esempio a Nelson Mandela, Martin Luther King, Malala Yousafzai e, perché no, Greta Thunberg e Simone, il ragazzo di Torre Maura salito recentemente alla ribalta dei media. Io a 15 anni quel coraggio non ce l’avevo. E neanche quella testa.

Quale è stato il momento più emozionante della tua carriera?

Arriverà presto spero: aspetto di vedere pubblicato e magari utilizzato dagli ingegneri il nuovo modello di pericolosità sismica per l’Italia. Ma anche aver rappresentato i ricercatori dei Centri di competenza del Dipartimento di Protezione Civile, in una recente udienza papale, è stata sinceramente una bella soddisfazione.

È difficile conciliare il lavoro di ricercatore con la vita privata?

Nel quotidiano purtroppo si. Vivo a Chieti e lavoro a L’Aquila, sono un pendolare con tutte le conseguenze del caso. Esco la mattina molto prima che i miei figli si sveglino, rientro quando sta finendo la giornata. Spesso sto fuori casa per viaggi di lavoro, convegni, workshop. È un aspetto del mio lavoro che mi piace molto, ma crea non pochi problemi nella vita privata.

E ai tuoi figli come racconti il tuo lavoro, che ti porta lontano da casa?

Non è stato semplice raccontare ai miei figli il lavoro che faccio, allora li ho portati con me. Mi hanno accompagnato in Nuova Zelanda, a Malta, hanno seguito qualche convegno e in questo modo hanno capito il papà, nel suo lavoro di ricerca, ha a che fare molto spesso con colleghi di tutto il mondo ed è una parte importantissima del suo lavoro, piacevole ma faticosa. A volte quando parto sono tristi, però sanno che quando è possibile li porto sempre con me e ogni volta è una bella avventura.

Cosa pensi che saresti diventato se non avessi fatto il ricercatore?

L’insegnante di Scienze.

E ad un eventuale alunno svogliato di 13 anni che cosa avresti risposto alla domanda: ma studiare scienze a cosa serve?

Gli direi che studiare scienze serve sempre, perché permette di capire come funzionano la Terra e lo Spazio, trovare una risposta a quelle domande tipo “da dove veniamo?”, “Come siamo arrivati ad essere quello che siamo oggi?”. Inoltre gli direi che studiare geologia è bellissimo in quanto ci permette di comprendere il nostro paesaggio, come è arrivato ad essere così come lo vediamo oggi. Queste sono domande che ci poniamo tutti quando passeggiamo, svogliati o no, e avere qualche risposta in più rispetto agli altri è “figo”.

Qual è secondo te la scoperta scientifica che cambierebbe la storia della sismologia?

Difficile dirlo, ci sono molti aspetti della sismologia che dobbiamo comprendere meglio, non saprei quale potrebbe essere la scoperta che ne cambierebbe la storia, magari la stiamo studiando e non lo sappiamo ancora. Tra i temi che credo possano essere rilevanti per il futuro, direi comprendere la natura e l’evoluzione spazio- temporale delle faglie sismogenetiche.

Cosa ti sarebbe piaciuto scoprire, tra le scoperte del passato?

Ebbene, la Teoria della Relatività.

Perchè proprio la relatività? Cosa ti affascina della scoperta di Einstein?

Perchè è una di quelle Teorie che si possono definire “globali” in quanto mette insieme diversi campi e allo stesso tempo è estremamente affascinante nella sua semplicità.

Hai mai pensato di mollare la ricerca?

Si, ci sono stati momenti nei quali ho detto “basta, mollo tutto, così è troppo frustrante”. Ma per fortuna ci sono stati colleghi e nuove ricerche che mi hanno riacceso la passione.

Qual è il tuo X-Factor?

Riuscire a inquadrare le cose da una giusta prospettiva e, spesso, ridimensionarle. Ma se potessi scegliere un X-factor, quello di Wolverine non sarebbe male.

Il potere principale di Wolverine è quello di rigenerare i tessuti del corpo, tu cosa cambieresti del tuo corpo che non c'è più o che non ti piace tanto?

Ehm... un paio di bicipiti? Mia figlia me li chiede sempre...

C’è qualcosa che ti mette ansia?

Si, l’accavallarsi delle scadenze.

Ascolti musica?

Assolutamente. C’è qualcuno che non lo fa? Queen, Pink Floyd, Litfiba, Vasco, Deep Purple, Rino Gaetano, Pino Daniele, Led Zeppelin, Aerosmith, De Gegori, De Andrè, The Doors, PFM, Ed Sheeran, Muse, U2, Bon Jovi, John Legend, Beatles & Rolling Stones, Negrita, Iron Maiden, Dylan, Bob Marley, Samuele Bersani…e ne avrò dimenticati sicuramente molti altri.

Perché “ambra” è il tuo colore preferito?

Una buona birra ha spesso quel colore.

Qual è il tuo libro preferito?

Shantaram di Gregory David Roberts.

Cosa ti ha colpito di più nel racconto?

La vita "vissuta pericolosamente" del protagonista o la sua finale consapevolezza che, alla fine, il bene ripaga sempre? In realtà è proprio il modo in cui il protagonista affronta questa esperienza di vita, il suo modo di vivere questa avventura in maniera rocambolesca. Si lascia coinvolgere completamente dal modo di vivere indiano, ci fa sentire quei profumi, ci fa vedere quei luoghi.. è l'India da un altro punto di vista. Mi piace perché quando viaggio, nel mio piccolo, cerco sempre di immergermi nel luogo in cui vado.

Se dovessi ricordare un tuo “primo giorno” quale ricorderesti?

Facile, il primo giorno da papà. E anche il “secondo primo giorno”.

Cosa fai quando non fai il ricercatore?

A parte che è difficilissimo non “fare” il ricercatore, in pratica osservare, capire, porsi dubbi e domande è una costante! Ma quando riesco a staccare, in genere vado al campo di atletica a seguire i ragazzi della Tethys, sono super in gamba ma non certo per merito mio. Mi piace passeggiare, fare sport, accompagnare i miei figli Vittoria e Riccardo, uscire con mia moglie Francesca, la birra, il buon vino, stare con gli amici.

Sei anche uno sportivo quindi! Che attività fai?

A dire il vero due anni fa ho preso il patentino da istruttore di atletica leggera e oggi sono istruttore. A Chieti alleno i ragazzi della polisportiva Tethys allo stadio.

Cosa ti fa stare bene?

Sapere che posso fermarmi, prendere una pausa e andare a rilassarmi, magari andare al mare o fuori a cena con gli amici. Non è così scontato al giorno d’oggi.

La tua maggior fortuna?

Scontato dire genitori e fratelli? Per il resto credo che siamo tutti un po’ artefici delle nostre fortune, ma genitori e fratelli non li scegli, e i miei sono fantastici!

Hai un hobby?

Decine! Mi appassiono facilmente, ma chitarra e bridge sono stati due grandi amori. Ora amo fare l'istruttore di atletica.

Qual è la tua missione possibile?

Dare un contributo alla prevenzione sismica.

Sport preferito?

Calcio, beach-volley, pallavolo e atletica. L’ordine dipende dai giorni.

Nella tua valigia non può mai mancare?

Una macchina fotografica.

La fotografia di cui sei orgoglioso?

Amo fotografare le persone e la foto di cui sono più orgoglioso è uno scatto di mio figlio che sta facendo atletica... ed ha uno sguardo concentratissimo.

E, invece, cosa stai facendo nella fotografia che ti rappresenta e che non vorresti fosse mai stata scattata?

Mi sto facendo la barba che non facevo da molti anni e che penso non mi farò mai più... e avevo lasciato solo i baffi.

Il viaggio che non hai ancora fatto e quello che pensi che non farai mai?

Mi piacerebbe poter andare qualche mese in Burundi, per insegnare scienze e sport. Sedici anni fa, per il matrimonio, io e Francesca chiedemmo agli invitati di fare una donazione per costruire lì un campo sportivo. E non credo che andrò mai nell’Outback Australiano: hai mai visto “Deadly 60”?

E poi? Sei riuscito a costruire il campo sportivo?

Si, è stato costruito! È un piccolo campo, vorrei tanto vedere le foto di qualche ragazzino giocarci.

Hai un posto del cuore?

Chieti, la mia città... e mi spiace vederla così abbandonata.

Una cosa che hai capito “da grande”?

Che nessuna scelta è mai semplice, che la vita non è mai bianco o nero.

Una qualità che riconosci nel genere femminile e una nel genere maschile?

Questa è una domanda cattiva! Del genere maschile riconosco il saper fare squadra, in genere i problemi, anche le divergenze caratteriali, vengono affrontati subito, con poco tatto magari, ma con chiarezza. Del genere femminile la capacità di adattarsi, il saper essere comprensive, intelligenti e risolute. Non ultimo, saper riconoscere tutti quei colori…io al massimo i colori primari.

Cosa conservi della tua infanzia?

Mio zio Massimiliano conserva un pupazzo di Pinocchio, lo mette ogni anno sotto l’albero di Natale, credo abbia la mia età. Cerco di tornare alla spensieratezza della mia infanzia ogni volta che posso e devo dire che da grande, sapersi divertire come quando si era bambini, è un gran bel vantaggio.

Ultima domanda: la canzone che non smetteresti mai di ascoltare?

Viaggi e Miraggi di Francesco De Gregori. Forse non sarà la sua canzone più bella, ma ha un verso fantastico: “Quando domani ci accorgeremo, che non ritorna mai più niente, ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria”.