spazio vuoto logo alto

ICONA Facebook    ICONA Youtube666666   ICONA Flickr666666   ICONA Youtube666666   INGV ICONE social 07   INGV ICONE social 06   ICONA Facebookr999999

la terra racconta 2Non solo le sapienti mani di mastri architetti, che nel corso dei secoli hanno plasmato nel marmo e nel tufo l’odierna magnificenza della città di Roma. L’Urbe, nel suo passato più remoto, è stata disegnata anche da un altro artista inarrivabile, la natura nella sua forma più violenta e prorompente. 

Nella tarda antichità e nell’alto medioevo, infatti, in un lungo periodo tra il V e il IX secolo d.C., la città è stata colpita da alcuni eventi sismici che hanno contribuito a modificare sensibilmente il suo profilo, lasciando delle tracce che è possibile scovare ancora oggi, ricostruendo, tassello dopo tassello, una storia naturale che si fuse inevitabilmente con quella archeologica e con le innumerevoli vicende degli uomini e delle donne che prima di noi abitarono i sette colli.

Grazie alla geoarcheologia e, più precisamente, all’archeosismologia è infatti possibile, anche a distanza di quasi 2000 anni, dare una nuova lettura a ciò che emerge dagli scavi archeologici, che non sono più “solo” patrimonio storico-artistico della nazione, ma diventano anche una testimonianza preziosissima della storia geologica del nostro Paese, svelando le relazioni intercorse tra la storia dei nostri antichi concittadini e le sollecitazioni provenienti dall’ambiente e dalla natura circostante. 

Abbiamo provato a orientarci in questo dedalo di testimonianze del passato sismico che, nel corso del tempo, ha ridisegnato la città di Roma facendoci guidare da Fabrizio Galadini, dirigente di ricerca dell’INGV, da anni impegnato proprio nello studio di diversi siti archeologici per ricostruire la storia sismica del nostro Paese.

Fabrizio, cosa intendiamo quando parliamo di archeosismologia?

L’archeosismologia è quella disciplina che si occupa di individuare le tracce dei terremoti del passato nelle stratigrafie archeologiche. Queste tracce risalgono ovviamente a un’età pre-strumentale, ovvero si riferiscono a eventi sismici precedenti alla comparsa di strumentazioni adibite alla registrazione dei terremoti. Riguardano edifici o manufatti scoperti con scavi archeologici, meglio se recenti, e quindi realizzati con metodo stratigrafico, oppure presenti da sempre nel contesto monumentale di una città (si pensi, ad esempio, al Colosseo, che si impone da millenni alla vista di cittadini e visitatori).

Come si svolge un’indagine archeosismologica?

I dati acquisiti nel corso di uno scavo archeologico, ad esempio quelli relativi a resti murari rinvenuti in giacitura di crollo, vengono integrati con informazioni da indagini geologiche, geomorfologiche, geofisiche, nonché, naturalmente, con le conoscenze di sismologia storica, se disponibili. Il quadro così definito, per chiarirne quantitativamente la compatibilità con gli effetti dello scuotimento sismico, può essere confrontato con i risultati di modellazioni ingegneristiche, ad esempio quelle che simulano la risposta alle sollecitazioni dinamiche degli edifici dell’Antichità di cui siano disponibili ipotesi ricostruttive. 

Le informazioni derivanti da queste indagini consentono, da un lato, di ampliare le conoscenze sulla sismicità del passato (fondamentali per la sismologia in considerazione della rarefazione delle fonti scritte, che purtroppo ci danno poche informazioni su eventi di più di mille anni fa), dall’altro risultano di interesse anche per chi, come l’archeologo, ha necessità di ricostruire la storia di un sito dell’antichità, arricchendo il quadro delle conoscenze con l’introduzione delle eventuali “interferenze” di eventi naturali (quale può essere un terremoto) che, danneggiando il sito stesso, ne hanno condizionato la continuità di vita.

In che modo queste ricostruzioni possono contribuire alle nostre attività quotidiane?

Beh senza dubbio ricostruire la storia dei siti in rapporto alle manifestazioni dell’ambiente naturale che, storicamente, hanno prodotto dei danni su determinati siti archeologici è fondamentale, ad esempio, per impostare un’opera di prevenzione: le criticità naturali e le fragilità territoriali che hanno “condizionato” un’area in passato potrebbero, con ogni probabilità, riproporsi anche in futuro.

la terra racconta 3Parliamo nello specifico di Roma. È noto che nella tarda antichità e nell’alto medioevo l’Urbe è stata interessata da diversi terremoti di notevole entità: stando alle conoscenze oggi in nostro possesso, che impatto hanno avuto questi eventi sismici sulla Roma antica?

Grazie ad archeologia e fonti scritte abbiamo a disposizione varie immagini di Roma tra tarda antichità avanzata e alto medioevo. Col passare del tempo, il degrado della veste monumentale tipica dei primi anni dell’impero diviene nitido. Le testimonianze ci raccontano di una città che, nell’arco di alcuni secoli, ha subìto una forte contrazione demografica e la conseguente riduzione degli spazi abitati, una crisi che sembrerebbe assai evidente soprattutto a partire dalla cosiddetta Guerra Gotica, nella prima metà del VI secolo (fu combattuta tra il 535 e il 553 e vide contrapporsi l’Impero Bizantino agli Ostrogoti). 

In questo contesto di abbandono ci siamo chiesti se i terremoti tra V e IX secolo – tra cui alcuni che dalle fonti scritte sappiamo aver oltrepassato la soglia del danno – avessero potuto giocare un ruolo in questa trasformazione dell’Urbe, e la risposta è stata positiva.

Quali sono stati questi forti terremoti?

Quelli noti dalle fonti scritte, che hanno interessato Roma tra V e IX secolo, sono avvenuti nel 443, a ridosso del 484 (o del 508, la fonte epigrafica non consente di determinare univocamente la data di questo evento), nel 618, nell’801 e nell’847. Per quest’ultimo, come per il terremoto del 618, le fonti non menzionano danni alla città – danni che però potrebbero non essere stati citati e che quindi non è possibile escludere. In effetti, le fonti archeologiche chiariscono a loro volta che questi sismi hanno probabilmente contribuito alla costituzione di una sorta di paesaggio ruderale in quella che oggi per noi è l’area monumentale storica di Roma.

Oltre, chiaramente, all’entità degli eventi sismici, a cosa è stato possibile attribuire la causa del loro forte impatto sulla città?

Tra le ragioni principali dei significativi danneggiamenti che emergono dalle indagini archeologiche è ipotizzabile, da un lato, la vetustà dei fabbricati (che, tra V e IX secolo iniziavano ad avere, in molti casi, parecchi secoli di vita), dall’altro le continue opere di spoliazione di parti degli edifici, talvolta con funzione portante, che venivano utilizzate altrove per edificare nuove strutture.

Dove furono localizzati i maggiori danni dei terremoti del passato nella Roma che viviamo e conosciamo noi ola terra racconta 4ggi?

In realtà, sulla base delle informazioni che abbiamo oggi a disposizione, non siamo in grado di definire una zonazione del danno, poiché si tratta di conoscenze frutto di analisi che nascono con gli scavi archeologici, quindi acquisite puntualmente e con una distribuzione sul territorio cittadino assai discontinua. L’intervento archeologico è spesso figlio delle indagini preventive alla realizzazione dei moderni manufatti. Si pensi alla grande quantità di dati scientifici che sono prodotti con gli scavi per la realizzazione della linea C della metropolitana di Roma.

In questo senso, quindi, non possiamo avere una visione a 360 gradi della distribuzione delle unità di crollo riconducibili e compatibili con gli eventi sismici nell’area centrale di Roma. Tuttavia, nel caso di terremoti più recenti, dell’età moderna e contemporanea, già le ricerche condotte alcuni decenni fa da colleghi di varie Istituzioni avevano definito una distribuzione dei danni dipendente anche dalle caratteristiche geologiche dei terreni di fondazione. Il danno in molti casi sembra concentrarsi nelle aree alluvionali. Si tratta dei cosiddetti “effetti di sito”, ambito di indagine che necessiterebbe di un approfondimento a parte coinvolgendo altri colleghi dell’INGV. Semplificando molto, si può ricordare che i sedimenti degli ambienti deposizionali fluviali possono comportare l’amplificazione del moto sismico, le cui conseguenze si traducono spesso nell’incremento del danno.

Il simbolo per eccellenza di Roma nel mondo è, come sappiamo, il Colosseo. Ha mai subìto dei danni da terremoto?

Assolutamente sì. Un primo possibile riferimento è il 443: si tratta, però, di una ricostruzione complessa. Infatti, sebbene si tratti di un terremoto documentato dalle fonti, e in particolare dai Fasti Vindobonenses Posteriores, in questo caso non vengono riportati esplicitamente riferimenti a danni al Colosseo, sebbene tradizionalmente si ritenga che l’anfiteatro abbia subito gli effetti del sisma. Esiste, d’altro canto, una testimonianza epigrafica che testimonia rifacimenti al Colosseo curati dal Praefectus Urbis Rufius Caecina Felix Lampadius, cronologicamente compatibili con quel terremoto. La causa degli interventi (cioè se questi siano conseguenza del danno sismico) non è tuttavia citata. Anche in un altro frammento epigrafico si fa riferimento a restauri e la causa sismica, mediante l’integrazione del testo, è stata ipotizzata da chi ha studiato la parte ancora leggibile.

Non ci sono invece dubbi sui danni prodotti al Colosseo dal terremoto del 484 o 508: infatti, nelle epigrafi che testimoniano gli interventi ad “arenam et podium” la causa sismica è esplicitamente menzionata (“abominandi terraemotus”). Questo terremoto ebbe probabilmente origine in Appennino, innescato dalla faglia del Fucino, la stessa che nel 1915 ha gravemente danneggiato numerosissimi centri abitati dell’Italia centrale.

Dopodiché, arrivando a un passato decisamente più recente, esistono numerose altre tracce che indicano ulteriori danni subìti dal Colosseo, come quelle del terremoto del 1349, i cui effetti a Roma furono descritti, tra gli altri, anche da Francesco Petrarca.

Possiamo senza dubbio affermare, quindi, che il Colosseo ha una sua storia sismica piuttosto lunga, e quello che vediamo noi oggi è certamente, in parte, frutto proprio di questo passato.

la terra racconta 5Come potrebbe reagire la Roma di oggi a un terremoto di proporzioni simili a quelli della tarda antichità?

Dobbiamo considerare innanzitutto che la Roma di oggi è ben altra cosa rispetto a quella costruita all’interno della cerchia muraria dell’epoca imperiale. Con l’unità d’Italia, il ruolo di capitale ha comportato il progressivo e rapido incremento demografico con le conseguenze dell’ampliamento dell’area edificata. L’inurbamento di aree alluvionali ci riporta al citato problema degli effetti di sito, cui si aggiunge la vulnerabilità di edifici che, considerando la fase di espansione edilizia della prima metà dello scorso secolo, cominciano ad avere cento e più anni dall’edificazione. Tutto ciò chiarisce la difficoltà di definire in poche parole cosa potrebbe accadere a Roma, oggi, nel caso di accadimento di un forte terremoto, ad esempio come quello del 1915 (più forte di quelli del 2016 e peraltro con area epicentrale più prossima alla capitale). 

L’INGV continuerà a collaborare a indagini archeosismologiche?

Assolutamente sì, sia a Roma che fuori. La collaborazione con funzionari della Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma è iniziata diversi anni fa e le indagini negli scavi archeologici si ripropongono ogni volta che emerge qualcosa di potenzialmente riconducibile agli effetti dei terremoti: l’ultimo intervento, iniziato circa un anno e mezzo fa, lo abbiamo fatto su un grande scavo effettuato per la realizzazione di un impianto di pertinenza della Metro C nella zona di via dell’Amba Aradam, presso Porta Metronia. Anche lì, ad esempio, della giacitura in crollo di resti di un grande edificio è stata stimata la compatibilità col collasso improvviso riconducibile a un evento sismico.

Ci sono poi le collaborazioni con i funzionari delle altre Soprintendenze, quella dell’Abruzzo, quelle dei territori del Lazio, alcune recenti attività svolte in collaborazione con l’Ufficio Beni Archeologici della Provincia di Trento e via dicendo. L’Istituto è quindi pienamente impegnato sul fronte dell’interazione con le Istituzioni preposte alla tutela e conservazione dei beni culturali.


Link all’approfondimento sul Blog INGVterremoti